08-04-2004-CenaDomini

08/04/2004 – TRIDUO P. – GIOVEDÌ – InCenaDomini – 2004

GIOVEDÌ SANTO
Messa vespertina – In Cena Domini
– 8 Aprile 2004

Dio ci ama sino all’estremo.

RACCOGLIMENTO
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo. Amen.
Ascolta, Israele: io sono il Signore Dio tuo…! Ascolta, Chiesa che sei in..; ascolta N [tuo nome]
Eccomi, Signore: aiuta tutti come ora aiuti noi ad ascoltarti (Dt. 6,4; Lc 8,21; Is 6,8; Ebr 10,1s; Rm 12,1s).

LETTURA
Signore Gesù, nulla mi è più caro di te! Ascolto la tua parola nella messa del giorno (PCFP, 13); tu mi metti in bocca anche la risposta: fa’ che ascolto e risposta crescano con l’orante che ti cerca, o Dio (Gregorio, Cassiano, Benedetto). Vedi LETTURE

MEDITAZIONE o RILETTURA
Signore Gesù, tu mi parli di te stesso “Buona Notizia” nel vangelo, “compimento” delle promesse della prima lettura, “fondamento” della chiesa nella seconda lettura: rileggo vangelo, I e II lett. alla luce del versetto al vangelo: Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: che vi amiate a vicenda, come io ho amato voi.

Signore Gesù, tu ti rendi presente! Con lo Spirito e la Sposa io grido: “Vieni, Signore Gesù!”. E tu rispondi: “Sì, ecco: io vengo” (Apc. 22,17s); così nel dialogo, alla comunione, mi dici chi sei e cosa fai oggi in noi (Antifona alla Comunione): Il Signore Gesù, sapendo che era giunta la sua ora,
dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino all’estremo.

«Sino all’estremo»: del progetto del Padre sull’umanità.
«Gesù, dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine». Inizia il triduo pasquale. Ci guida in questo cammino Giovanni, il discepolo che Gesù amava, figura d’ogni discepolo, di ogni persona preordinata a divenire «discepola»: Gesù ama tutti. Giovanni, come ognuno che accoglie di essere amato, introduce all’incontro personale con Gesù. E’ l’ultima sera della vita terrena del Maestro, la sera fra il tredici e quattordici Nisan, mese che corrisponde al nostro marzo-aprile; il giorno ebraico comincia e finisce alla sera. Il quattordici di Nisan è la vigilia, si prepara l’agnello per l’indomani, quindici Nisan, la grande solennità di pasqua. Eccoci a questa vigilia (dal nostro giovedì h 16 a venerdì h 16; giorno che inizia con la celebrazione rituale, cioè la messa vespertina, e prosegue con la vita donata fino alla morte in croce) quando si sgozza l’agnello pasquale, vigilia della «festa di pasqua». Gesù, è il vero Agnello (Giovanni ne parlerà nell’Apocalisse); Gesù sa che «è giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre»; di completare l’opera sua. Quello che precede e che segue, sta sotto l’amore: «Dopo aver amato i suoi, li amò sino alla fine». Quindi: «Pasqua», «ora», «amore» sono tre parole che richiamano il cielo, la vita di Dio. Giovanni l’ha presentata solennemente all’inizio della prima parte del Vangelo, acclamando: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1). Ora, l’inizio della seconda parte del vangelo con questo brano della lavanda dei piedi è altrettanto solenne: «Prima della festa di pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi.., li amò sino alla fine». Gesù ritorna là dove è fin dal principio, e dove da sempre con il Padre ha un progetto di Amore per i suoi: «Quelli che Egli da sempre ha conosciuti, li ha predestinati», li ha chiamati, giustificati, glorificati (Cfr Rom 8, 28-30). Questo è il senso di «pasqua-passaggio» di Gesù che torna al Padre; quest’opera del Padre Gesù porta ora a compimento; il movente segreto del suo cuore in tutto il suo vivere in cielo e sulla terra è l’Amore. Lo rivelerà pienamente negli ultimi istanti sulla croce, emettendo anche su di noi lo stesso suo Spirito Santo; cosi la storia che Marco, Matteo, Luca chiamano «Passione», per Giovanni è «Passione d’amore, di gloria, di esaltazione». «Gesù si alzò da tavola, e cominciò a lavare i piedi dei discepoli». Dopo quattro frasi: 1: «Mentre cenavano», 2: «quando il diavolo aveva messo in cuore a Giuda di tradirlo», 3: «Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani», 4: «che era venuto da Dio e che a Dio ritornava»: sono quattro elementi che richiamano i quattro punti cardinali della terra; dicono che quanto Gesù sta per fare, vale per tutta l’umanità, di tutti i tempi. La lavanda dei piedi ai discepoli sostituisce il racconto dell’istituzione eucaristica. E’ un gesto di grande umiltà e donazione, un atto di amore estremo. Gesù è cosciente di dare la vita eterna alle sue pecore, che non andranno mai perdute. «Il Padre che me le ha date è più grande di tutti; nessuno può rapirle dalla sua mano»: tutti siamo nelle mani di Gesù, giusti e peccatori; anche Giuda. Il gesto è descritto nei particolari da l’Evangelista Giovanni che in genere li tralascia, a meno che non abbiano un senso profondo come qui. Gesù si alza da tavola e «sta in mezzo» ai suoi come il mattino della risurrezione. «Depone le vesti» che sono segno della sua dignità, come chi «depone la vita»: «Nessuno me la toglie; io la depongo da me stesso, perché ho il potere di deporla e il potere di riprenderla di nuovo» (10, 17). «Quello che io faccio, lo capirai dopo». Gesù sta lavando i piedi. Tocca a Pietro. Esterrefatto di fronte all’estrema umiliazione di Gesù, egli dice: Non è permesso neanche ad uno schiavo fra gli ebrei lavare i piedi ad un altro; non potrei neanch’io lavare i piedi a te; e tu, mio Maestro e Signore, lavi i piedi a me, che sono tuo discepolo?! – E, preso forse più dal proprio affetto per il Maestro, che dal senso profondo del suo gesto, Pietro aggiunge: Non ti lascerò mai lavarmi i piedi. – Gesù gli risponde: Se non ti lavo i piedi, fra me e te nulla più in comune; se non accogli i miei sentimenti, per quanto ti sembrino diversi dal tuo modo di vedere, non partecipi alla mia opera di salvezza. – Pietro accetta: Signore, lavami tutto!- Pietro aveva preso la lavanda come un semplice rito di purificazione. Gesù precisa: La vera e totale purificazione si ha solo per il dono totale di me stesso a voi. Così voi, che mi accogliete, siete totalmente puri; ma non tutti: rifiuta di essere purificato chi conserva in cuore la decisione di tradirmi!- Gesù mostra di sapere chi lo tradisce; eppure lo ha accolto fin dall’inizio, lo ha amato fino a lavargli i piedi, come agli altri, a tutti. Gesù si fa schiavo e servo di tutti. E’ giunto al segno estremo della sua incarnazione e donazione: il suo amore per noi non dipende da noi. «Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri». Dopo l’umiliazione, viene l’esaltazione; alla spoliazione segue il rivestimento; Gesù parla e spiega il senso del gesto. Egli stesso si riprende le sue vesti, si siede e dice: «Sapete ciò che vi ho fatto?». So di essere venuto dal Padre, so che ora torno al Padre, so di avervi dato il segno del nostro Amore, e sul trono della croce oggi lo porterò a compimento: realizzerò il dono di me stesso «fino all’estremo» del sangue per voi. Ma voi lo capite, lo conoscete per esperienza? Non lo potete sapere o esperimentare senza la forza che viene a voi dall’alto. Ecco, vi è data; voi infatti mi chiamate: «Maestro e Signore», come di fatto «io sono»; ma per voi io sono anzitutto «il Signore»: il Risorto che effonde lo Spirito su di voi; e sono «il Maestro»: vi ho mostrato come io continuo in voi a lavarvi i piedi, ad amarvi gli uni gli altri. Chi mi accoglie, si manifesta ed è riconosciuto in questo atteggiamento che vi do come segno esemplare.
Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

«Sino all’estremo»: delle promesse di Dio.
«Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per casa». L’amore di Gesù per i suoi fino all’estremo, espresso nel gesto simbolico della lavanda dei piedi e nel comando di continuare a fare lo stesso, è il centro della storia e di tutte le feste dell’anno: è nella mente di Dio quando prescrive la pasqua ebraica; il Signore dà disposizioni per una pasqua che sarà capita sempre più nel tempo: «Tu ora non capirai, ma capirai dopo», dice a Pietro. A Mosè, ad Aronne ha detto: «Questo mese sarà per voi l’inizio dei mesi»; richiedo solo la vostra disponibilità a lasciarvi amare per lasciarmi continuare ad amare gli altri in voi. Così si forma la famiglia unita nel mio amore in ciascuno verso l’altro; è un rito di cena familiare: «Il dieci di questo mese», cinque giorni prima della pasqua, ciascuno deve pensare all’agnello che sarà consumato in famiglia: calcolando quanto ciascuno ne può mangiare. Così l’agnello da consumare forma una nuova famiglia, invitando o associando altri; il mio amore di vero Agnello pasquale che si dona, dice Gesù, è il fondamento della mia famiglia. «L’Agnello sia senza difetto, lo serberete fino al quattordici di questo mese. Allora tutta «l’assemblea lo immolerà e mangerà». Questo agnello, che mi deve rappresentare, deve essere adatto alla celebrazione; il migliore: giovane, maschio, senza difetti. Va separato dal gregge sei giorni prima della festa; deve essere tenuto nascosto fino ad oggi, quattordici di Nisan, giorno che precede la pasqua. Io so di essere il vero agnello. Cinque giorni fa ho parlato alla folla per l’ultima volta; ho detto: «Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Dette queste cose, me ne sono andato e mi sono nascosto da loro (cfr 12, 36). Mi ritiro e non mi faccio più vedere per sei giorni, come l’agnello pasquale, in attesa della macellazione; domani mi lascerò uccidere per la salvezza di tutti gli uomini. – Il Signore Gesù continua a spiegare il senso dell’agnello pasquale, e dice: «Tutta l’assemblea della comunità» celebra la pasqua, immola l’agnello al tramonto; con il suo sangue segna lo stipite della dimora della nuova famiglia radunata per nutrirsi dell’agnello. Pasto consumato in veste da viaggio: cinti i fianchi, sandali ai piedi, bastone in mano; e in fretta, pronti ad accogliere il Signore che passa: IO SONO il Signore che passa, sono la nuova terra promessa, la comunione con il Padre, la festa di Dio con l’uomo, dice il Signore Gesù. «Quella notte passerò: non vi sarà per voi flagello di sterminio». Dio dà il senso delle sue prescrizioni per la cena pasquale e dice: IO SONO il Signore; in quella notte farò giustizia; chi non mi riconosce come Signore, e si prostituisce ad altri signori, ad altri dei, sarà colpito; dove vedrò il sangue sugli stipiti della casa, segno della vostra accoglienza, passerò oltre («salterò», farò pasqua): il sangue dell’agnello immolato raffigura il dono di me stesso fino alla morte per voi, per liberarvi da tutte le vostre ingiustizie; chi mi rifiuta, resta chiuso in sé: schiavo. «Questo giorno sarà per voi un memoriale: festa del Signore». Come ho liberato e formato il mio popolo Israele, cosi salverò ogni generazione che celebra la pasqua nel mio Figlio, offrendo l’unico e vero dono d’amore raffigurato nell’agnello pasquale: nella storia dell’agnello vedo il mio Figlio fin dall’inizio.
Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

Sino all’estremo: delle necessità umane.
«Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito disse: “Questo è il mio corpo che è per voi”». Per bocca di Paolo, Gesù, capo della Chiesa, richiama l’incidenza che l’eucaristia ha nella vita delle persone e della comunità, perché sia autentica, e dice: L’eucaristia nasce nell’amore mio e del Padre; nasce nel dono di me stesso in nutrimento di vita eterna; mentre vengo tradito io mi dono; e il mio dono comunica genera amore in quanti partecipano alla celebrazione. «Dopo aver cenato disse: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo in memoria di me”». Gesù dice: Porto a compimento il significato espresso simbolica0mente dai segni e dalle parole della pasqua ebraica. Nel rito dell’ultima cena, con la lavanda dei piedi, intendo dire: Quello che io faccio è il Nuovo Patto nello Spirito del Padre (Cfr Gr. 31, 31-34); oggi lo porto a compimento nella mia carne fino al sangue; farete questo in mia memoria, lavandovi i piedi gli uni gli altri: servendovi gli uni gli altri nel mio amore. «Ogni volta che ne mangiate e bevete, annunziate la mia morte». La mia donazione cambia da nemici in amici quanti l’accolgono. Agendo in mia persona voi divenite prolungamento della mia umanità: quanto faccio ora per voi, tramite voi continuo a farlo nel mio Spirito per gli altri.
Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza.

PREGHIERA EUCARISTICA
La risposta di lode e di supplica riassunta nel Vers. Resp.: Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza,
si sviluppa in preghiera eucaristica fatta di:

ringraziamento: prefazio. Grazie, Padre, per il tuo Figlio:
che ha consegnato se stesso, nuovo ed eterno sacrificio alla Chiesa per la salvezza di tutti;

attualizzazione: consacrazione. Ora, Padre, manda lo Spirito:
Gesù fra noi, compie la nostra redenzione con la perenne celebrazione del suo sacrificio;

offerta: nostra in Cristo al Padre. In noi, Padre, si offre a te Gesù:
consegnandosi alla morte, dona se stesso alla chiesa, convito nuziale del suo amore per noi;

intercessione: per tutti vivi defunti. Tutti, Padre, accogli in Cristo:
quanti, vivi e defunti, ci nutri alla cena del tuo Figlio, ci accogli commensali al banchetto del cielo;

lode finale: esplosione dei sentimenti. A te, Padre, ogni onore e gloria.
per Cristo, con Cristo e in Cristo, nell’unità dello Spirito Santo che compie ogni santificazione.

CONTEMPLAZIONE
Nella chiesa il Padre convoca i credenti in Cristo, in cinque tappe (v. LG 2); contempliamo oggi nei suoi cinque momenti, per es., L’Amore:

prefigurata, sin dall’inizio, nella Creazione: l’amore, nel rito dei pastori che offrono le primizie;
figurata, nella storia d’Israele, antica alleanza l’amore, nel Signore che passa per salvare chi si affida a lui;
compiuta, in Cristo Gesù, negli ultimi tempi: l’amore, nel Signore Gesù che ama i suoi sino in fondo;
manifesta, nella chiesa, per lo Spirito effuso: l’amore, nella chiesa che vive il nuovo ed eterno dono di Gesù;
completa, alla fine, nella gloria della Trinità. l’amore, in tutti come vita piena nella carità al suo cospetto.

Preghiamo:
Padre, che ci hai rivelato in Cristo Gesù il tuo amore per noi e ci hai comandato di avere lo stesso amore, Gesù, gli uni verso gli altri; nutrici alla cena del tuo Figlio. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen.

Condividiamo la nostra preghiera (neretto) nello schema della preghiera ecclesiale (colori).