17-03-2002-Quaresima-A-dom5

17/03/2002 – QUARESIMA – ANNO A – 5 DOMENICA – 2002

Preparazione alla celebrazione della messa

5ª DOMENICA DI QUARESIMA
Anno A – 17 Marzo 2002

RACCOGLIMENTO
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo. Amen.
Ascolta, Israele: io sono il Signore Dio tuo…! Ascolta, Chiesa che sei in..; ascolta N [tuo nome]
Eccomi, Signore: aiutaci tutti ad ascoltarti (Dt. 6,4; Lc 8,21; Is 6,8; Ebr 10,1s; Rm 12,1s).

LETTURA
Padre, nulla ci sia più caro del tuo Figlio Gesù!
Donaci di ascoltare la sua parola nell’assemblea dei fedeli (cfr PCFP, 13); tu ci metti in bocca anche la risposta: fa’ che ascolto e risposta crescano con l’orante che ti cerca, o Dio (Gregorio, Cassiano, Benedetto). Vedi LETTURE.

MEDITAZIONE o RILETTURA
Padre, fa’ che accogliamo il tuo Figlio Gesù!
Le meditazioni del 2001-4 rileggono i testi biblici alla luce del Vers. al Vang. e Antif. alla Com.
Dall’Avvento del 2004: Il messaggio della Parola ispira e carica vari momenti della Celebrazione.
Vedi metodo in: LETTURE o MEDITAZIONE – tempo ordinario – 1ª domenica anno A 2005.
Meditazione del 2002. Versetto al Vangelo:

Il sono la risurrezione e la vita, dice il Signore, chi crede in me non morrà in eterno.
Antifona alla Comunione:
Chiunque vive e crede in me,
non morirà in eterno, dice il Signore.

VI FACCIO RISORGERE!

Chiunque vive e crede in me, non morirà: passi da morte a vita perché, amato, ami i fratelli.
“Io sono la risurrezione e la vita”.
Oggi mi rendo presente in atto di comunicarti una vita di fede in me, farti passare da una vita mortale a una vita immortale, nel simbolo di Lazzaro risorto.- “Un certo Lazzaro era malato”, Lazzaro, uno come te, era malato, perché tu impari a vivere nella fede ogni difficoltà.
“A Betania, il villaggio di Marta, Maria e Lazzaro, e Gesù voleva loro molto bene”: Gesù “vuole molto bene” a tutti, fatti per vivere in personale rapporto di vita con lui; ma il “villaggio” è simbolo di strutture politico – religiose impersonali; in esse il credente impara a calare la vita di fede e di amore di Gesù per i fratelli: è il caso di questa storia. –
“Le sorelle mandarono a dirgli: Signore, ecco, il tuo amico è malato”; alla notizia della malattia dell’amico, Gesù non solo non corre, ma si ferma ancora due giorni; solo quando è morto ed è iniziato il processo di decomposizione del cadavere, dopo quattro giorni secondo la cultura del tempo, Gesù si mette in cammino; è un’apparente contraddizione con l’amore ai fratelli, e si chiarisce con la fede e il dono di sé che si rivelerà subito in Gesù.
“Questa malattia è per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato”. La malattia, perfino la morte dolorosa, è per la gloria di Dio; io glorifico il Padre, e voi miei discepoli, come le sorelle Marta e Maria, glorificate me, suo Figlio, imparando a vivere nella fede ogni situazione.-
“Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro”. “Marta gli andò incontro e gli disse: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”: alla notizia dell’amico malato, tu, Gesù ritardi; io, Marta, la penso diversamente da te e ti rimprovero.- Marta ritiene Gesù un guaritore che prolunga la vita delle persone; invece Gesù trasmette una vita che supera la morte; Marta è disponibile e aggiunge:
“Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà”. Quello che io, Marta, “so” è frutto di una tradizione religiosa.- Da questa tradizione Gesù la vuole liberare. Egli è Dio, non “chiede” al Padre, da inferiore a superiore, ma lo “ringrazia”, da pari a pari.- Come Dio, quindi, Gesù le disse: “Tuo fratello risusciterà”. E Marta di fronte a Gesù risponde ancora secondo il credo che ha imparato: “So che risusciterà nell’ultimo giorno”, come credono i farisei: uno muore, va nello Sceol, e un giorno risusciterà; ma questo non mi consola, mi manca ora mio fratello! Gesù le disse: “IO SONO”, porto il nome di Dio e mi rivelo con un’attività adeguata, come Dio al roveto ardente; non sono un semplice “Inviato” o “Profeta” di Dio, come tu pensi; in me c’è la pienezza della condizione divina: in me abita corporalmente tutta la divinità.
“Io sono la risurrezione e la vita”; “sono la risurrezione”, perché “sono la vita”. “Chi crede in me, anche se muore, vivrà”: Lazzaro ha creduto in me; voi lo ritenete morto e lo piangete come un cadavere; in realtà egli continua a vivere. Chi crede, chi dà piena adesione a me, come ha fatto Lazzaro, chi si dona con me che dono me stesso, chi lascia che io doni me stesso in lui, anche se muore, continua a vivere: si decompone la parte biologica, continua in me la sua esistenza teologica, cioè, il mio rapporto con il Padre. Alla mia comunità, che crede e aderisce al mio amore per i fratelli io dico: “Chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno”: vi comunico la vita eterna, una condizione nel presente che supera la morte; chi vive e crede in me, chi accetta di diventare strumento del mio amore per i fratelli fino alla morte, ha una vita tale che non gli permette di fare esperienza di morte; questa la novità radicale che sono venuto a portare sulla terra, questo chiedo a ciascuno della mia comunità, come a Marta: di accogliere questo fatto.
“Credi tu questo?”, accetti di passare da ciò che hai imparato nella religione alla fede in me?- “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”: credo in te non come un semplice “Inviato” di Dio, ma credo che in te si manifesta “Dio stesso”, Dio che mi ama, mi attende, mi educa alla vera relazione di figlia con il Padre, e se anche questo comporta difficoltà a causa di quelli che intorno a me non credono, sono felice. –
E’ condensato qui in breve, a nostro ammaestramento, il senso di una vita di ricerca e ascolto della parola di Dio, che avviene in una comunità come quella di S. Giovanni. Così la storia, illuminata dallo Spirito Santo, diventa luce nel nostro cammino di fede verso la vita pasquale del Signore Gesù.
Marta “se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella”; non solo Gesù, ma anche Marta ora può chiamare la sorella Maria a incontrare la vita, ad accogliere Gesù: anche noi possiamo dire parole che portano i fratelli a vita nuova.
“Di nascosto” Marta chiama la sorella, perché la comunità cristiana, giunta a credere per esperienza, come Marta, che in Gesù si manifesta Dio, comincia per questo a essere perseguitata. Mentre Gesù richiama Lazzaro alla vita o la vita di Lazzaro, cioè che Lazzaro non è morto ma vive, Lazzaro trascina Gesù e la sua comunità alla morte, cioè, al dono della vita fino alla morte; e morire così per amore di qualcuno, non significa rinunciare all’amicizia, ma accrescerla a dismisura, secondo la legge dell’amore: del cento volte tanto.
“Maria si alzò in fretta e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro”: Gesù non entra nel villaggio, luogo della tradizione, non della novità; luogo delle cose da fare, non del rapporto personale; chiama a sé Maria: vuole far passare anche lei, come la sorella Marta, dalla vita di concetti e pratiche religiose alla vita di fede, di rapporto personale con lui. Giunta da Gesù, Maria pensa a qualcos’altro, pensa al fratello morto, parla valutando le cose diversamente da Gesù, come Marta, e lo rimprovera come lei, di non essere venuto prima; ma è pronta a lasciarsi ammaestrare, a “uscire dal villaggio”, dal proprio mondo, per ascoltarlo. Gesù ora le si rivela in occasione del “pianto”, come a Marta si è rivelato in occasione del rimprovero per il ritardo. Il pianto di Maria è ancora come quello dei giudei, che piangono solidali con lei: hanno il seme divino dell’amore che si può sviluppare in fede come in Marta e Maria: non hanno ancora capito che la morte non interrompe un’esistenza con Gesù; per questo egli si commuove profondamente, “si turba”, “freme”: per la sua comunità che ancora non capisce; ma passa subito a educare con gesti e parole i suoi fedeli, rappresentati ora da Maria.
Gesù domanda: “Dove l’avete posto?”, come dire, cosa ne avete fatto di lui? Gli rispondono:
“Signore, vieni a vedere!”. “Venite e vedete” è stato l’invito di Gesù ai discepoli di Giovanni Battista per condurli verso la vita; in bocca a Maria ora è invito a vedere la morte.
“Gesù scoppiò in pianto”, non per disperazione (vedi modo diverso di esprimere il pianto in greco), ma per mancanza di “presenza sensibile” d’una persona cara, come Lazzaro, tipo di ogni persona, che Gesù ama; perché Dio ama tutti, senza eccezione. Gesù dice a tutti come a Maria:
“Togliete la pietra!”, che impedisce al defunto di comunicare con i vivi. Marta gli risponde:
“Signore, già manda cattivo odore”: Marta, come la samaritana e il cieco nato, hanno conosciuto Gesù, ma devono imparare a vivere con lui nelle varie situazioni quotidiane, e credere alla vita nonostante la puzza del cadavere, nonostante ogni apparente sensazione, come Abramo: siamo alla quinta tappa dell’apprendistato della vita cristiana, del cammino verso la Pasqua, del riconoscimento di Gesù, il Vivente da non ricercare tra i morti.
“Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?”: se vivi con fede, cioè accettando il mio amore che supera la morte, si manifesta la gloria di Dio, vedi che si rende visibile la gloria del Padre? – Se credi, vedi: prima credi, sei disponibile; poi vedi, sei in grado di vedere la vita, come Tommaso che vede l’umanità di Gesù e lo confessa Dio che non può vedere con gli occhi corporei. Marta ha questa vita: mostra di essere disposta a comprendere, si fida, accoglie Gesù, si consegna a lui, lascia che il desiderio di bene in lei operi; e di fatto opera a beneficio di altri: chiamando la sorella. Gesù l’ha richiamata da buon amico, e lei vede, con la vista interiore, la gloria di Dio nella vita di Lazzaro suo fratello, perché crede, perché aderisce a Gesù che si dona totalmente: prima credi, poi vedi, diventi un faro luminoso che permette agli altri di vedere.
“Tolsero dunque la pietra. Gesù alzò gli occhi e disse: Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato”: il mio rapporto con te, “Padre”, non è d’inferiorità, ma di uguaglianza, è accordo tra Figlio e Padre nel donare la vita ai fratelli. “Ti rendo grazie”, “faccio eucaristia”, dono me stesso, dono la vita agli uomini mediante gli uomini: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna”; mangi il mio pane, ti fai pane con me per gli altri, palpita in te la mia vita di Dio che non si distrugge ma comunica vita. Per questo chi ho chiamato all’esistenza, per questo ora ti chiamo alla mia sequela, eliminando ogni separazione fra noi.
“Gesù gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori!”: come Dio disse: “Adamo, dove sei!”, e Gesù in croce “emise un alto grido”, così ora, dopo aver chiamato Maria tramite Marta, Gesù fa sentire la sua voce di Dio, e chiama Lazzaro, secondo la profezia che si realizza nella storia di ciascuno: “Verrà il tempo in cui coloro che sono nella morte udranno la voce del Figlio di Dio e torneranno alla vita”. Gesù ci mostra come si va al cimitero. Adamo, Marta, Maria, Lazzaro, quanti odono la voce del Figlio, formano la comunità in cui è possibile a tutti incontrare il mistero della vita che si manifesta in Gesù: il suo rapporto con il Padre, origine della vita, il suo ringraziamento, l’eucaristia, la sua vita nuova e gloriosa di comunione.
“Il morto uscì con i piedi e le mani avvolti in bende”, come sta scritto nel salmo: “Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi. Mi opprimevano tristezza e angoscia” (Sal 116,3); ma chi è amato da Gesù e accetta l’amore di Gesù non va considerato morto, separato dai fratelli. Un altro salmo dice: “I superbi mi tendono lacci e stendono funi come una rete, pongono agguati sul mio cammino” (Sal 140,6); ma quelli che accolgono Gesù come Marta e Maria non sono superbi, non pongono agguati. E ancora il sapiente dice: “L’empio è preda delle sue iniquità, è catturato con le funi del suo peccato” (Pr 5,22); ma Lazzaro è tipo dell’uomo reso giusto dall’amore di Gesù che scioglie da ogni peccato.
“Gesù disse loro: “Scioglietelo”. La comunità e quanti piangono una persona cara, come devono togliere la pietra che separa i morti dai vivi, così devono scioglierla dai lacci d’una falsa concezione di morte, come distruzione della persona, devono “lasciarla andare”: Marta, Maria, la comunità cristiana cambiano mentalità: lasciano andare la persona cara defunta a continuare la vita nella sfera dell’amore di Dio in un crescendo di gioia, d’amore e di pace nella pienezza del Padre, a bene dei fratelli con Gesù. Lazzaro è infinitamente grato all’amico Gesù che gli restituisce fin d’ora la vita vera a sua immagine per cui è fatto; sperimenta la misericordia di Gesù amico, “segue l’Agnello dovunque va”: con Gesù Lazzaro è commensale nella cena di Betania; in Cristo ogni separazione è eliminata; Lazzaro è restituito ai fratelli; ecco la vita che Gesù ritardando nel suo ritorno a Gerusalemme, intende evidenziare: sciogliendo Lazzaro tu sciogli te stesso dalla falsa idea della morte, ti prepari a comprendere gli angeli che alla tomba dicono alle donne in cerca di Gesù: “Perché cercate fra i morti Colui che è vivo? Non è qui, è risorto come aveva predetto”. La risurrezione di Lazzaro è segno di una novità di vita fin da questa esistenza terrena, d’una profonda amicizia con Dio presente fin nell’intimo della sventura, la morte: “Preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli”.

Signore, tu sei bontà e misericordia.

Chiunque vive e crede in me, non morirà: passi da morte a vita perché ti amo come fratello.
“Metterò in voi il mio spirito e rivivrete”.
“Così dice il Signore Dio: Ecco io apro i vostri sepolcri”: così intende dire Gesù: Ecco, io penetro la vostra intimità umana, vi porto tutto l’amore di Dio; ma non allontano da Betania la morte, come Dio non impedisce al regno di Giuda di seguire la propria strada d’infedeltà, corruzione, crollo, esilio. – Il suo amore, però, fa della prova non un vicolo cieco, ma una via di crescita e di redenzione: Dio farà rivivere il suo popolo. Fra gli israeliti deportati a Babilonia nel 597 a.C., c’è anche un sacerdote, Ezechiele, destinato a diventare il profeta del popolo in esilio. “Il cinque del decimo mese dell’anno dodicesimo della deportazione”, gli arriva ansimante un fuggiasco da Gerusalemme e gli dice: la città è caduta (Ez 33,21). Quattro mesi prima i soldati di Nabucodònosor l’avevano presa e data alle fiamme, catturando un nuovo gruppo di prigionieri, più numeroso del precedente, destinato a ingrossare le file di quello che già si trovava in Mesopotamia (La caduta definitiva sarà nel 586 a.C.). Ezechiele svolge la sua attività di profeta fra questi deportati, che, sconfitti e avviliti, ormai dopo anni di esilio, senza intravedere alcun spiraglio di miglioramento, anzi peggiorando sempre più la situazione, ripetono: “Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti” (Ez 37,11). Si sentono loro stessi cadaveri senza vita, scheletri rinsecchiti, corrosi, consumati dai molti anni trascorsi nella tomba dell’esilio. Vanno in frantumi tutte le certezze che avevano: dunque tutto è finito? Le promesse di benedizioni fatte ad Abramo sono state rese vane dai peccati del popolo?! (cfr discepoli davanti al cieco nato si domandano: “Chi ha peccato?”. “l’opera di Dio”, il progetto di Dio sull’uomo comporta di guardare avanti e non confrontarsi con le posizioni raggiunte. Lo sguardo in avanti è possibile solo al “povero” = “anaw”, cioè a colui che confida unicamente nel Signore e si occupa di lui). Certo nessuno potrà ormai ridare vita a Israele, ridotto a un’immensa distesa di ossa aride, sparse nella pianura e nelle valli del Paese tra i due fiumi di Meso-Potamia (Ez 37,1-3). In questo contesto storico Ezechiele annuncia il prodigio inaudito che il Signore sta per compiere: Dio ridarà vita a quelle ossa disseccate, risusciterà gli israeliti a vita nuova, aprirà i sepolcri in cui sono stati deposti, li farà uscire dalle loro tombe e li ricondurrà nella loro terra (vv. 12.13). Ma di fatto, che ritorno sarà? Si realizza nell’esistenza di una persona? Se è no, che senso ha questo ritorno? Qual è il suo vero senso? L’esperienza di ogni uomo di fronte a una tomba in cimitero può dare l’idea del contesto in cui parla Ezechiele. “La più grande ispirazione umana non può spingere uno a esprimersi come lui si è espresso, né basta sentire uno parlare così per prenderlo sul serio, se non c’è lo Spirito che suscita in tutti attenzione a ciò che egli stesso dice tramite Ezechiele” (cfr introduzione al Canone dei libri ispirati riconosciuti dalla Chiesa). Questa profezia non si riferiva alla risurrezione dei morti come la intendiamo noi, ma al ritorno in patria dei deportati. Tuttavia, nei secoli successivi, essa fu oggetto di studio e di riflessione da parte dei rabbini, acquistò grande importanza e contribuì a far sbocciare l’idea che “alla venuta del messia, tutti i giusti sarebbero ritornati in vita per partecipare alla gioia del nuovo Regno”. Dovunque entra lo spirito del Signore, lì giunge la vita. Ma quale vita? Essa non è mai un ritorno al passato. C’è vita all’inizio del mondo, quando “Dio plasma l’uomo dalla polvere del suolo, soffia nelle sue narici un alito di vita e l’uomo diviene un essere vivente” (Gn 2,7): essa è creazione che prefigura un’altra creazione (cfr LG, 2). Lo stesso Spirito di vita ancora oggi continua a operare in ogni situazione di morte: quella degli odi e dei rancori fra popoli e individui, dei dissidi familiari, come delle divisioni e conflitti politici nella comunità d’Israele. In tutto questo, come nell’esilio di Babilonia, è possibile il più roseo avvenire, per lo Spirito del Signore, capace di “ricomporre le ossa inaridite” e ridare loro vita.

Signore, tu sei bontà e misericordia.

Chiunque vive e crede in me, non morirà: passi da morte a vita perché accogli il mio Spirito.
“Lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi”: la vita biologica che abbiamo in comune con gli animali non dura per sempre. Anche Gesù, essendo uomo come noi, è morto, “doveva morire”. Ma è risorto, “doveva risuscitare”. Che cosa lo ha fatto risuscitare? Nella lettura di oggi Paolo risponde:
“Egli (Gesù) possedeva in pienezza lo spirito di Dio, cioè, aveva in sé la vita di Dio che non può morire”. La vita dell’uomo ha un inizio e ha una fine, quella di Dio no, egli non è nato e non muore. Gesù aveva in sé questa vita divina; e quando un giorno si è conclusa per lui la vita materiale, “Lo Spirito di Dio lo ha fatto risorgere, lo ha introdotto nella gloria del Padre”. Paolo continua: Anche noi che abbiamo ricevuto nel battesimo il suo Spirito, la sua stessa vita, non possiamo più morire. Avrà termine la nostra vita in questo mondo, ma non sarà la fine di tutto; lo Spirito che risuscitò Gesù abita in noi, è la vera energia di vita, ci spinge ad accogliere e donare amore, a seguire Gesù, sperimentare e conoscere il suo vivere; lo stesso Spirito dà vita eterna ai nostri corpi mortali.

Signore, tu sei bontà e misericordia.

PREGHIERA EUCARISTICA
La risposta di lode e di supplica riassunta nel Versetto Responsoriale:
Signore, tu sei bontà e misericordia,
si sviluppa in preghiera eucaristica fatta di:

ringraziamento: prefazio. Grazie, Padre, per il tuo Figlio:
in lui tu mostri la tua compassione di fronte all’amico che muore, in lui crediamo, tu sempre ci esaudisci;

attualizzazione: consacrazione. Ora, Padre, manda lo Spirito:
Gesù, in mezzo a noi, estende a tutti la tua misericordia, ci fa passare dalla morte alla vita;

offerta: nostra in Cristo al Padre. In noi, Padre, si offre a te Gesù:
egli si turba e si commuove con chi piange, egli scioglie le bende dei morti e dei prigionieri del peccato;

intercessione: per tutti vivi defunti. Tutti, Padre, accogli in Cristo:
nelle acque del battesimo sono passati dalla morte alla vita per il suo grido a ciascuno: “Vieni fuori!”;

lode finale: esplosione dei sentimenti. A te, Padre, ogni onore e gloria.
dall’umanità rinnovata per Cristo, con Cristo e in Cristo, nell’unità dello Spirito Santo. Amen.

CONTEMPLAZIONE
Nella chiesa il Padre convoca i credenti in Cristo, in cinque tappe (v. LG 2); contempliamo oggi nei suoi cinque momenti, per esempio, La Risurrezione e La Vita:

prefigurata, sin dall’inizio, nella Creazione: risurrezione e vita: in Lazzaro che muore e risorge;
figurata, nella storia d’Israele, antica alleanza: risurrezione e vita: nel popolo esiliato, ossa inaridite, vivificate dallo spirito;
compiuta, in Cristo Gesù, negli ultimi tempi: risurrezione e vita: in Gesù che, risorto dai morti, non muore più;
manifesta, nella chiesa, per lo Spirito effuso: risurrezione e vita: per lo Spirito che abita in noi, e risuscita i nostri corpi come ha risuscitato Gesù;
completa, alla fine, nella gloria della Trinità: risurrezione e vita: nei giusti che risorgono alla fine e vivono con Cristo in Dio.

Preghiamo:
O Padre, che ci hai mandato il Figlio, risurrezione e vita, perché chi crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna; fa’ che il tuo popolo per esperienza ti acclami: “Bontà e misericordia”. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Condividiamo la nostra preghiera (neretto) nello schema della preghiera della chiesa (colori).