31-05-2009-Pentecoste-B-Vigilia

31/05/2009 – PENTECOSTE – ANNO B – MESSA NELLA VIGILIA – 2009

Preparazione alla celebrazione della messa.

DOMENICA DI PENTECOSTE.
Messa Vespertina nella Vigilia.
31 Maggio 2009

Ci Raccogliamo
davanti al Signore Gesù, Dio fatto uomo, che si dona, muore, risorge, trasmette lo Spirito (Nota 1).
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo. Amen.
Ascolta, Israele: io sono il Signore Dio tuo…! (Ascolta N. [tuo nome]; ascolta, Chiesa che sei in.. [nomi di parrocchie, comunità, famiglie. Le presentiamo al Padre come membra di Gesù che vive presentandogli tutta l’umanità. Gli presentiamo in Cristo anche singole persone: ascolta N. [nome d’una persona]. E tutti, con disponibilità, accogliamo la nostra esistenza quotidiana in Cristo, dicendo):
Eccomi, Signore, aiuta tutti, come ora aiuti noi ad ascoltarti.

Leggiamo
il formulario liturgico della messa corrispondente, da Ingresso a Dopocomunione, secondo le disposizioni della chiesa (nota 2). Cogliamo una parola da contestualizzare, «vedi sotto: Rileggiamo», e da ripetere alla venuta del Signore nella giornata.

Rileggiamo
i testi, cominciando dal vangelo, dove Gesù, Buona Notizia, parla di se stesso,
“Compimento” delle promesse della prima lettura veterotestamentaria, “Fondamento”
della Chiesa nella seconda lettura (vedi Principi e Norme per l’uso del Lezionario e del Messale Romano).
Rileggiamo, quindi, vangelo e I-II lettura in rapporto al vangelo,
adorando, pregando, contemplando Gesù, presente.

Il testo evangelico (Gv 7,37-39) della Messa vespertina nella vigilia.
Struttura.
Un’unità ben compatta ha per centro il grido di giubilo di Gesù nell’ultimo giorno della festa.
Il grido di giubilo del Signore.
«Nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: “Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me”».
La citazione veterotestamentaria.
«Come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno».
L’annotazione dell’evangelista: «Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato».
Tematica.
Ha per centro l’immagine dell’acqua, come simbolo dello Spirito Santo. Gesù, infatti, è colui che possiede l’acqua viva e dal suo seno sgorgheranno fiumi di quest’acqua (Gv 7,37-39).

Le prime letture (Gen 11,1-9 [Es 19,3-8a.16-20b; Ez 37,1-14; Gl 3,1-5]), e
la seconda lettura (Rm 8,22-27) parlano dello Spirito di Cristo creatore, rivelatore, segno o operatore dell’epoca messianica e definitiva, datore di vita, realizzatore della risurrezione di Cristo e dei suoi discepoli e molto altro.

I testi eucologici ci guidano nella celebrazione, e noi «Preghiamo» e «Contempliamo» con la Parola efficace di Dio.

I fiumi di acqua viva sono lo Spirito Santo, Spirito di Verità, Consolatore e Soccorritore.

ADORIAMO.
1. Ti adoriamo Signore Gesù: fonte d’acqua viva, immagine dello Spirito che mandi dal Padre.
“Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me. Come dice la Scrittura: fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”, è il grido di Gesù: una frase con molte interpretazioni. (nota 4).
Le parole di Gesù: “Chi ha sete venga a me e beva, chi crede in me”, si sono in lui pienamente realizzate. Il tempo pasquale finisce con la piena attuazione di questa profezia Isaiana (nota 5), e di altri testi veterotestamentari, come: Ger 2,13 (“Essi hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva …” ), Zc 14,8 (“In quel giorno … acque vive sgorgheranno da Gerusalemme”,simbolo di Gesù, Capo e Membra) e l’analogo testo di Ez 47,1-12 (L’acqua dal tempio: Gesù e le sue pietre vive che sono i fedeli). Il Signore intende annunciare che è iniziato il tempo dello Spirito. L’acqua viva, infatti, è lo Spirito. La liturgia mostra Gesù come fonte nel vangelo, e la prima lettura, nei suoi quattro testi, mostra Gesù, fonte, nei suoi discepoli (v. 39).
Dopo il grido di giubilo, viene capita l’importanza della Persona di Gesù: egli è un profeta (v. 40), egli è il Cristo (v. 41). La sua vera identità però non viene del tutto compresa. Solo dopo l’evento «morte-risurrezione-ascensione» la persona di Gesù verrà compresa in tutta la sua ricchezza umano-divina, manifesta nella Chiesa mediante lo Spirito.
Solo compiendo un itinerario di fede verso Gesù («avere sete» e «andare» sono verbi che indicano un itinerario di fede), l’uomo può ricevere da Cristo stesso lo Spirito e testimoniarlo. Il credente si abbevera – come il popolo nel deserto – alla roccia che è Cristo (cf.1Cor 10,4) e ne diventa, insieme allo Spirito, testimone, segno della sua presenza. Lo Spirito, infatti, è Consolatore, è Spirito di verità, è datore di vita (come ha risuscitato Cristo Signore, farà risorgere anche noi; cf. Rm 8,11: «E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi»).

2. Ti adoriamo, Signore Gesù: ci mandi dal Padre lo Spirito, e in noi continui la tua missione, di fonte dello Spirito. È importante la promessa di Gesù: “Riceverete lo Spirito Santo…”. Gesù lo dice con chiarezza all’ultima cena quando promette l’altro Consolatore, il Paraclito che ci difende e, precisando, dice: “Voi farete cose più grandi di queste” (cfr vangelo del giorno).
Miracoli hanno fatto i santi! Hanno portato la parola del vangelo a quasi due miliardi di persone, cristiani di cui un miliardo cattolici. Gesù non ha portato il vangelo a tanti così! Gesù ha predicato solo due anni e mezzo. Gesù dice, quindi, che noi faremo molto più di lui.
Gesù al battesimo ha ricevuto lo Spirito, e con lo Spirito ha operato tutto ciò che sta nel vangelo; anche noi abbiamo bisogno dello Spirito, per continuare ciò che Cristo ha iniziato. La Pentecoste dunque non è un regalo a piacimento, come un anello, un ornamento da mettere al dito; lo Spirito è Dio stesso in noi per continuare l’opera di Cristo. C’è una logica: essere discepoli di Cristo significa rapportarsi nei confronti degli altri, giovani, vecchi, sani, malati, uomini, donne, come lui si è rapportato. Noi continuiamo la sua opera; non sarà perfetta come la sua, ma, dal momento che dico: il mio modello è Cristo, tutto ciò che faccio, lo faccio in qualche modo tentando di incarnare in me il suo stile. Ci troviamo di fronte ad una Pentecoste che è la continuazione della missione di Cristo.

3. Ti adoriamo, Signore Gesù: tu ci mandi lo Spirito, che opera efficacemente in chi lo riceve.
Lo Spirito di Dio non viene in noi semplicemente per continuare l’opera di Cristo. La Prima Lettura, composta di quattro testi, approfondisce la densità della Pentecoste, ne rileva quattro frutti.
Lo Spirito a Pentecoste porta comunione dov’è disgregazione. In chi lo riceve, lo Spirito opera come in Gesù: “Fiumi d’acqua viva sgorgano dal suo seno”. È il primo frutto dello Spirito, che Gesù ci manda dal Padre: a Pentecoste c’è comunione d’intenti e di linguaggio. L’opposto della disgregazione per ciò che quegli uomini hanno voluto fare a Babele (Gen 11,1-9: «chiamata tale perché si confuse la lingua di tutta la terra»), costruendosi una torre, per due motivi: per farsi un nome; e per non disperdersi su tutta la terra (cfr v. 11). Due facce della stessa medaglia, due aspetti dello stesso peccato:
«Vogliono Farsi un nome». Farsi un nome non significa diventare famosi, ma essere indipendenti da tutto e da tutti (nota 9).
Il criterio di questi uomini che costruiscono una torre è: non dipendere da nessuno, neanche da Dio.
Quando le persone si staccano dall’unico principio, succede che ciascuno è dio di se stesso, e non è più possibile capirci (nota 10).

Non vogliono disperdersi su tutta la terra. È l’altro grave peccato, simboleggiato dalla torre di Babele, è aver disobbedito a Dio, che aveva comandato di diffondersi su tutta la terra, e dominare su tutti gli animali (nota 11).
Lo Spirito di Gesù compie in Cristo l’Alleanza unilaterale fra Dio e il suo Popolo. È il secondo frutto dello Spirito in chi accoglie e preferisce Gesù, cosicché “Fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”; è Alleanza unilaterale fra Dio e il suo Popolo, e non bilaterale, come al monte Sinai, da dove «il signore discese» per fare alleanza bilaterale con gli ebrei ai piedi del Sinai (Es 19,3-8a,16-20b: è la seconda opzione o secondo testo per la prima lettura; vedi nota 12).
Risurrezione:
è il terzo frutto dello Spirito in chi crede nel Signore Gesù, cosicché “Fiumi d’acqua viva sgorgheranno anche dal suo seno” e rivivrà come Gesù, in Gesù: (Ez 37,1-14: È il terzo testo della prima lettura, tratto dal libro di Ezechiele c 37, visione delle ossa aride: “Ossa inaridite, infonderò in voi lo spirito, e rivivrete”. Ezechiele svolge il suo apostolato nel 500 a C., un po’ a Gerusalemme, resto in esilio. Presupposto per comprendere la parabola delle ossa aride: vedi Nota 13).
Certezza di risurrezione per opera dello Spirito in ogni persona umana, senza eccezione: è il quarto frutto dello Spirito in chi crede nel Signore Gesù, e sperimenta che “Fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gl 3,1-5; 4ª testo della I lettura: «Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo». Nota 14).

4. Ciascuno è dimora dello Spirito che ci educa a divenire simili a Cristo, nostro Capo.
Seconda lettura. Paolo ci dice come tutto questo si attua nella nostra vita: “Lo spirito intercede per noi con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito – che scaturisce da Gesù e dai suoi fedeli nei quali Gesù opera – poiché egli, lo Spirito, intercede per i credenti secondo i disegni di Dio” (Rm 8,22-27).
“Fratelli, sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto”. Tutta la creazione geme; siamo embrioni. Nel seno materno stavamo bene, e uscendo, passando da là al di qua, abbiamo sofferto. Anche questa nostra vita è come dentro un grande sacco miotico, che si chiama storia, e ci prepara a un’altra vita: “Fratelli, sappiamo bene che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto”.
“Essa non è la sola, ma anche noi che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente, aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo, perché nella speranza noi siamo stati salvati”. Cioè, nella certezza: quindi, noi siamo «sicuramente salvati», perché attendiamo che questa salvezza si manifesti: “Allo stesso modo anche noi… secondo i disegni di Dio”, in tutto ciò che facciamo. Ogni cosa è importante. Noi ci mettiamo i nostri giochi politici, di cui siamo capaci. Ma, il prodotto finale non è frutto delle nostre buone intenzioni. Chi dirige la nostra vita è lo Spirito. Se noi siamo ciò che siamo, è perché lo Spirito ha voluto così. Nati ora e non prima, qui e non altrove, io con queste caratteristiche…, perché c’è un disegno di Dio su ciascuno di noi. Non un gioco politico, ma Dio si serve di tutto per un suo risultato. Si potrebbe dire che quel risultato è sbagliato, ma nella logica di Dio è provvidenza. Non tutto ciò che sembra male, lo è effettivamente per Dio.

PREGHIAMO.
Aderendo all’agire dello Spirito, per mezzo di Cristo che è: «1. Ringraziamento; 2. Pane; 3. Offerta; 4. Intercessione; 5. Lode»:
1. «Ringraziamo», raccontando l’Amore del Padre in Cristo verso di noi (prefazio). Grazie, Padre, per il tuo Figlio: Con te «egli annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli», che si uniscono pretendendo di farsi dio; mentre lo Spirito Santo Dio è effuso in ogni persona, regna in tutti i popoli, che ti lodano, raccontando le tue meraviglie.
2. «Siamo nutriti» di Cristo, che, preso il «pane» e rese grazie, si dona vero cibo e bevanda di salvezza (consacrazine, transustanziazione). Ora, Padre, manda lo Spirito, che perfeziona l’opera di Gesù nel mondo, compiendo ogni santificazione. Solo “il piano del Signore sussiste per sempre” solo “i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni”: potenza di Dio è l’amore Spirito Santo che con dolcezza porta a compimento i tuoi piani di salvezza, o Padre, e ci trasforma in membra vive di Cristo tuo Figlio.
3. «Diveniamo» luogo riservato a Gesù, che in noi continua a «donare» se stesso (offerta). In noi, Padre, si offre a te Gesù: “Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che Dio si è scelto come erede” e lo riempie del suo Spirito. “Il Signore guarda dal cielo” con gli occhi e il cuore di Padre, e “vede tutti gli uomini, dono gradito a sé.
4. «Intercediamo» per tutti in Cristo, che «intercede» per noi, e ci fa intercessori con lui per gli altri (intercessione). Tutti, Padre, accogli in Cristo: vivi, defunti, celebranti. Dal luogo della tua dimora tu scruti con tenerezza «tutti gli abitanti della terra», tu che, solo, hai plasmato» il nostro cuore e comprende tutte «le nostre opere»; nessuno è escluso dall’effusione del tuo Spirito di Amore e di Comunione, perché il Figlio intercede per tutti presso di te.
5. «Glorifichiamo» pienamente il Padre, per Cristo, con Cristo, in Cristo nello Spirito Santo che ci fa santi (lode finale). A te, Padre, ogni onore e gloria: da ogni persona in Cristo: in ognuno tu operi, o Padre, mediante il tuo Spirito benevolo. Ognuno e tutta la comunità ti lodano, esprimendo sentimenti interiori, sempre bollenti nell’intimo di ciascuno, come nel cuore di Gesù che vi abita; e insieme proclamiamo nel canto:

O Padre, che mandi lo Spirito a riempire i cuori dei tuoi fedeli, e accendere in essi il fuoco del tuo amore; concedi al tuo popolo di chiederti sopratutto il tuo Spirito Santo, datore d’ogni bene, Spirito che c’introduce nell’esperienza piena del rapporto Padre – Figlio. Per Cristo nostro Signore. Amen.

CONTEMPLIAMO.
la storia del piano di Dio.
Nella chiesa il Padre convoca i credenti in Cristo, in cinque tappe (v. LG 2); contempliamo oggi nei suoi cinque momenti, per esempio, Lo Spirito di Comunione:
prefigurata, sin dall’inizio, nella Creazione: comunione, fra persone della casa e di ogni razza;
figurata, nella storia d’Israele, antica alleanza: comunione, fra Dio e Israele, sua proprietà;
compiuta, in Cristo Gesù, negli ultimi tempi: comunione, fra Gesù e il Padre che lo manda;
manifesta, nella chiesa, per lo Spirito effuso: comunione, fra Gesù e i discepoli da lui mandati;
completa, alla fine, nella gloria della Trinità: comunione, fra l’umanità in Cristo e il Papà di Gesù.
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NOTE
Nota 1.
La Parola di Dio, Proclamata in questa celebrazione, richiamata dall’antifona alla Comunione (cf .. – Anno B – ª Domenica – ../../..), e approfondita anche da altri testi eucologici (cf ad es. ../../..), «attua ora» sacramentalmente in noi la redenzione, realizzata fin dall’evento pasquale della morte e risurrezione di Gesù il sette – nove Aprile del trenta d.C.
La Parola di Dio «attua ora sacramentalmente in noi la redenzione», perché lo stesso evento pasquale di duemila anni fa, con la sua efficacia, è in atto nella Parola «Proclamata» in quest’Eucaristia; la stessa «opera di Gesù» è in atto quindi in circostanze diverse: «storiche» di quel tempo in Israele, «sacramentali» (gesti e parole) ora nella sua Parola proclamata.
La Parola («Dabàr») è «Fatto e Parola» («Dabàr Javè» = «Fatto e Parola di Javè»); lo stesso «Fatto» storico della Pasqua di Gesù (che soffre, muore, trasmette lo Spirito, risorge) per opera dello Spirito Santo è presente in questa «Parola» proclamata nell’assemblea liturgica; anzi, «in previsione» della sua pasqua redentrice era già presente fin nel grembo di Maria.
Noi ora, come Maria, diciamo: “Sì”, con il cuore bendisposto nel celebrare. La redenzione, operata nei «misteri» (gesti e parole di Gesù nel rito), trasforma tutta la nostra vita. La Parola proclamata nella liturgia, cioè, lo stesso Gesù pasquale, ispira e attua i vari momenti della celebrazione e dell’esistenza in chi l’accoglie.
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Nota 2.
“I fedeli partecipino con frequenza alle messe, anche feriali, e, quando ciò non è possibile, siano invitati a leggere almeno i testi delle letture corrispondenti in famiglia o in privato”, vediPartecipazione e Celebrazione delle Feste Pasquali, Congreg. per il Culto, n.13; del 16.01.1988);
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Nota 3.
«I credenti in Cristo, (il Padre) li ha voluti chiamare a formare la santa Chiesa, la quale, già annunciata (“prefigurata”) in figure sino dal principio del mondo, mirabilmente “figurata” nella storia del popolo d’Israele e nell’antica Alleanza [1], stabilita (“compiuta”) infine «negli ultimi tempi», è stata manifestata (“manifesta”) dall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli (“completa”). Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, «dal giusto Abele fino all’ultimo eletto» [2], saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale» (Lumen Gentium 2).
Cinque tappe della formazione della chiesa (da kalèô = chiamo; participio passato = èkklesa: eclèsia, chiesa = chiamata): prefigurata, figurata, compiuta, manifesta, completa.

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Nota 4.
Ci sono almeno cinque punteggiature diverse nel leggere il testo, con differenti sfumature di significato, secondo gli studiosi; cogliamo il senso globale.
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Nota 5.
“O voi tutti assetati venite all’acqua, chi non ha denaro venga ugualmente; comprate e mangiate senza denaro e, senza spesa, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete. Io stabilirò per voi un’alleanza eterna, i favori assicurati a Davide” (55,1-3).
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Nota 6.
«Festa delle capanne» era un modo di dire, perché nell’esodo non c’erano «capanne», ma «tende». Questa festa ha avuto origine dall’uso contadino in autunno al tempo del raccolto. Quando gli ebrei arrivano in Palestina, trovano questa festa, e se n’appropriano. Anche i contadini palestinesi, non ebrei, come tutti i contadini, nel periodo dei raccolti autunnali, si spostano nelle capanne in mezzo ai raccolti, fanno una piccola festa d’occasione, e vi s’installano per custodire i raccolti da ladri eventuali. Gli ebrei prendono questa consuetudine, e la trasformano in festa dell’esodo, in memoria dei quarant’anni nel deserto. Si celebrava comunque l’alleanza, il dono della Torah, come nelle altre feste della Pasqua e dei covoni o sette settimane; ma ora sotto il profilo della permanenza nel deserto.
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Nota 7.
Per Giovanni la «glorificazione» non era la risurrezione; ma la morte e la risurrezione. In Giovanni 19-21 troviamo, infatti, che Gesù comincia a «effondere lo Spirito» morendo, poi nella risurrezione «soffia» lo Spirito sui discepoli, dicendo “ricevete lo Spirito Santo”; lo stesso Spirito operante in Gesù.
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Nota 8.
Di fatto, lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque sin dalla creazione. I Padri della chiesa chiamano la creazione «opera trinitaria», per la presenza dello Spirito, del Padre e della Parola (Gesù Cristo). Poi lo Spirito scende su «uomini» e li fa Profeti. Nel nuovo testamento lo Spirito scende su Zaccaria per dirgli chi sia il suo bambino, «il Battista»; lo Spirito scende su Elisabetta, quando lei saluta Maria; lo Spirito è su Simeone quando profetizza a Maria cosa le capiterà e che cosa sia questo Bambino; lo Spirito opera in Maria Vergine, e compie una nuova creazione (non una inseminazione): Lei ha offerto se stessa e lo Spirito Santo ha operato ciò che fin dall’inizio ha operato, cioè una nuova vita. È un’opera creativa. In Gesù non c’è il DNA, i cromosomi del Padre.
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Nota 9.
Quando il Signore cambia il nome ad Abramo, lo fa perché: d’ora in poi tuo riferimento sono io e nessun altro, dice il Signore. – All’inizio della creazione, alla donna nessuno pone un nome. Il testo dice: «Si chiamerà donna»; o lei o Dio, e nessun altro «la chiamerà», cioè, comanda su di lei: o lei o Dio; non l’uomo. Ma, subito dopo il peccato, è Adamo che impone il nome alla donna, e la chiama Avà = Eva; e da quel momento lei è soggetta all’uomo.
La costruzione della torre è un modo per dire, che il peccato d’origine non è solo in Adamo, ma anche in Caino, in Abele, nel diluvio, come nella costruzione della torre di babele. Sono «Medaglioni» che richiamano sempre il peccato di origine: farsi dio da soli.
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Nota 10.
Se io sono Dio di me stesso, e tu sei dio di te stessa, non ci troviamo più. Ciascuno ha il suo concetto di giustizia, e quando c’incontriamo per discutere su qualcosa, ci scontriamo, perché ciascuno si ritiene un’autorità assoluta, un dio di se stesso; senza un Dio su tutto e su tutti. Ci troviamo a risolvere i problemi, dovendoci innalzare sull’altro. Sono poste le basi per non capirci più. Solo se accettiamo che Dio sia su di noi, è giusto accettarsi fra noi, e aiutare chi è più debole, come fa Dio; perché allora seguiamo un concetto di giustizia superiore: dall’alto; non accettandolo, noi non ci capiamo più fra noi; non si sa più che cosa significhi «Verità»: il prof. Vattimo di Torino, fondatore del pensiero debole, dice che la verità non esiste. È vero ciò che io penso, che ciascuno pensa, in questo momento, ciò che pensa la maggioranza. Ma, la maggioranza non fa la verità: se la gran parte dice che questo legno è un marmo, non cambia il legno in marmo. Non si capisce, e non si comunica più la Verità!
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Nota 11.
«Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”» (Gen 1,28). La torre è disobbedienza all’invito-comando che Dio fa: di espandersi. Caino aveva cominciato a farsi una città. Ora, costoro vogliono fare una torre: con la cima che «tocchi il cielo» = Dio; farsi un nome per non disperdersi su tutta la terra; farsi Dio, e non disperdersi, ecco le due facce del peccato delle origini. L’uomo non può più capire l’altro, non può più dialogare; non può, e non deve prendere in considerazione l’altro, se vuole imporsi e vincere sull’altro (Cfr es. commenti su votazioni: dimostrano il peccato delle origini. Cfr giornali, idem. Questa è la situazione dell’umanità fin dall’inizio: ciascuno sopraffa l’altro.
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Nota 12
«Dio domanda: “Avete visto come vi ho liberati? (v. 5): “Se volete ascoltare la mia voce e custodire la mia alleanza, voi sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia è tutta la terra; voi sarete per me un regno di sacerdoti, una nazione santa”. Queste parole dirai agli israeliti. Mosè riferì, e tutto il popolo disse: “Quanto il Signore ha detto noi lo faremo”». È la proposta dell’alleanza di Dio a Israele; e Dio si manifesta presente, disponibile a questa alleanza, con tuoni, lapilli, fuochi, come sta scritto: «Ed ecco, il terzo giorno, sul far del mattino, vi furono tuoni, lampi, una nube densa sul monte, un tuono fortissimo di tromba… il monte Sinai era tutto fumante… Tutto il monte tremava molto».
Questo viene richiamato a Pentecoste, con le «fiammelle». Così è rappresentato lo Spirito da Luca negli Atti, cfr prima lettura del giorno, per dire che si è di fronte ad una nuova alleanza. Firma dell’alleanza di Dio con noi, con la novità: non un’Alleanza bilaterale, come sul Sinai; bensì, come ha profetizzato Geremia, «unilaterale»: noi siamo invitati a cogliere ciò che Dio ci dona; come nell’ultima cena: “Questa è il mio corpo, sangue; nuova ed eterna Alleanza”, che noi controfirmiamo, accogliendo lo Spirito e celebrando ciò che Cristo ci ha comandato di celebrare. Pentecoste, allora, è dono dello Spirito, che rende l’uomo non più dio di se stesso; ma «eteronomo» = dipendente da Dio, divinizzato perché possiede Dio Stesso. È «alleanza con Dio» non bilaterale, con impegno reciproco; ma unilaterale, di tipo «donativo»; nel mondo antico esisteva l’alleanza unilaterale di tipo «ingiuntivo»; il grande va dal piccolo e gli dice: tu ogni anno mi devi dare 200 cavalli. E tu avrai in cambio la sopravvivenza, perché, o me mi dai o ti uccido. Nell’alleanza donativa uno offre senza chiedere nulla in cambio. Ecco la Pentecoste.
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Nota13
Presupposto da sapersi: per i popoli antichi essere sradicati dalla propria patria, in un’altra terra, con altra lingua, usi, costumi, calendari, funzioni religiose, linguaggio diverso, è morire come popolo. Ezechiele fa da padre spirituale a un popolo che si considera morto: senza terra, sacrificio, legge, lingua, senza tradizioni religiose, culturali. Ezechiele dice: io ho visto questo. Una grande valle, il regno dei babilonesi. Tante ossa di morti, gli ebrei. Quando Dio decide, mette insieme tutte le ossa: muscoli, nervi…; e poi Javè dà lo Spirito. Cioè, tornerete a casa. Ecco tutto. Ma, qui succede come nelle grandi aziende: ciascuno vede la propria parte; solo il direttore generale vede tutto l’insieme: è Dio che sa tutto. Dio incarica Mosè e Giosuè a scrivere il Pentateuco, altri a scrivere libri storici, profetici, sapienziali. Ognuno sa quel che sta facendo; ma non si rende conto come la sua parte s’inserisca in un discorso globale. Così Ezechiele: scriveva questo per incoraggiare i suoi, e non si rendeva conto che quanto scriveva, aveva un significato più profondo. Scriveva quello che voleva Dio.
Per mezzo di Paolo poi, sappiamo da Dio il suo disegno: guardate che noi riceviamo lo stesso Spirito che ha risuscitato Cristo dai morti (II lett.). Siamo garantiti che risorgeremo. Paolo scrive questo, copiando alcuni vocaboli di Ezechiele tradotti in greco. Così Ezechiele è profeta non solo per il ritorno d’Israele, ma profetizza anche il nostro ritorno definitivo, la nostra risurrezione; perché noi non siamo titubanti che questo si realizzi, ma siamo certi e pazienti nell’attesa («Spe salvi»).

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Nota 14
“Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”. Gioele mostra uno spirito democratico, perché parla di uno Spirito per tutti. Prima di Gioele lo Spirito era per i grandi re e i profeti.
Gioele si rifa al fatto dei due che profetizzano nell’accampamento: «Un giovane corse a riferire la cosa a Mosè e disse: “Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento”. Allora Giosuè, figlio di Nun, che dalla sua giovinezza era al servizio di Mosè, disse: “Mosè, signor mio, impediscili! ”. Ma Mosè gli rispose: “Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito! ”. Mosè si ritirò nell’accampamento, insieme con gli anziani d’Israele» (Num., 11,27-30).
Richiamato, Mosè risponde: “Magari tutti fossero profeti”. Gioele s’ispira e dice: coraggio, siamo figli di una grande promessa. Così dice il Signore: “Io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il mio Spirito. Farò prodigi… anche per i superstiti che il signore avrà chiamato”. Lo Spirito è democratico, è per tutti, è garanzia di salvezza. Abbiamo bisogno di essere rassicurati; e lo Spirito che abita in noi ci dà questa certezza e consolazione, in tutti noi. Non solo in alcuni. Anche chi noi consideriamo depravati. Dobbiamo imparare a rileggere la storia dal progetto di Dio. Lo Spirito è presente in tutti. Quindi, Dio stesso è presente in tutti, e mi può raggiungere mediante chiunque; se io escludo uno solo, posso escludere Dio. Lo dice Paolo scrivendo agli Efesini: “Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti” (Ef 4,6). Ecco lo Spirito donato da Gesù; desiderato da Mosè, espresso da Gioele, uomo ispirato da Dio; e tradotto per noi da Paolo nel Nuovo Testamento: tutti, senza eccezione, siamo investiti dallo Spirito: risorgiamo.
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condividiamo (cfr neretto) la preghiera della Chiesa (cfr colori).