15-07-2012-Ordinario-B-dom15

15/07/2012 – T.O. – DOMENICA 15 – Anno B – ANIMATORI GLP – 2012

DOMENICA 15ª T.O. – ANNO B.
14.07.2012 – 2° sabato del mese – INCONTRO ANIMATORI
di GRUPPI LITURGICI PARROCCHIALI
Traccia.

VANGELO (6,7-13).In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo. Oggi, domenica 15ª, anno B, il brano evangelico liturgico di Marco narra la «scelta degli apostoli»: «Gesù li chiamò a sé e prese a mandarli due a due, dando loro il potere di scacciare gli spiriti impuri». Richiama la loro attenzione su alcune disposizioni, per sottolineare l’urgenza della missione. Si tratta di una missione in Galila, prima della Pasqua di Gesù. Gesù ha cominciato a formare i suoi discepoli come predicatori itineranti e li hanno mandati perché preparassero il terreno, cioè, cominciassero a coinvolgere le persone, preparando l’imminente arrivo di Gesù in quel villaggio. I discepoli hanno ricevuto da Gesù il compito di portare avanti la sua opera e di compiere i segni che Gesù stesso compiva, rimanendo ospiti in atteggiamento di povertà, con una «velocità» di chi ha premura e urgenza. Questa missione apostolica viene interpretata come una presenza profetica.
Vocazione, missione, compiere l’opera di Gesù, disposizioni, urgenza, presenza profetica. Quale di questi aspetti evangelici vuole oggi lo Spirito realizzare in noi come individui e come chiesa? Dalla

PRIMA LETTURA (7,12-15) vediamo che la missione apostolica assume il preciso significato diPresenza Profetica. Qui ci viene presentato il modello del profeta, Amos: il più antico profeta «Scrittore» della Bibbia (prima di lui ci sono altri, es. Elia, 875-850 aC., ma non ha scritto nulla). Vissuto nell’ottavo secolo avanti Cristo, Amos era un agricoltore, del sud, proprietario di bestiame, originario di un paese chiamato Tecòa, vicino a Betlemme. Quindi, un uomo che apparteneva alla tribù del regno di Giuda. Proprietario di greggi. Doveva essere un uomo benestante. «Competente di Agraria», noi diremmo oggi. Si presenta come incisore di sicomori, cioè capace di intervenire con particolari tecniche su questi alberi per renderli capaci di produrre frutti migliori e più abbondanti. Quest’uomo ha lasciato il suo lavoro nella sua patria per andare al regno del Nord, nel santuario di Betèl, il grande santuario centrale del regno d’Israele. La scena è ambientata nell’ottavo secolo a. C., siamo circa nell’anno 740 a.C. Il regno di Israele era separato dal regno di Giuda. Due regni fratelli ma divisi e in lotta fra di loro e con polemiche interne che dividevano settentrionali e meridionali. Amos è un meridionale che va al Nord, e nel santuario principale, Betèl, che significa casa di Dio, dove veniva adorato lo stesso Signore che era adorato nel Tempio di Gerusalemme. Ma, con un culto idolatrico, perché al culto ufficiale nel tempio non corrispondeva un comportamento adeguato: di giustizia. Amos è stato mosso da un problema di giustizia. Sulla piazza del santuario predica contro il santuario: contro la struttura sacerdotale, contro quei rituali che non aiutano l’uomo; ma denunciano una grande incoerenza: mentre l’uomo viene sfruttato e annientato, qui si fa una liturgia che non ha senso. Amos è un ‘rompiscatole’. È un meridionale che arriva nello Stato del Nord, contestando tutto. Il sommo sacerdote di Betèl, che si chiamava Amasìa, disse ad Amos: “Vattene, Veggente, ritìrati nella terra di Giuda”; ritìrati da qui, togliti dai piedi, và a casa tua! – Potete immaginare, con un po’ di immaginazione, quali titoli potevano seguire! Visto che era dal meridione -. E glielo dice con tono d’insulto. Per esempio, non lo chiama «profeta», lo chiama «veggente» – titolo peggiorativo per un profeta come Amos -: ritìrati, và a Giuda, “là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più”. Qui, a Betèl, non devi più profetizzare – nel senso di straparlare, dire cose strane – perché “questo è il santuario del re ed è il tempio del regno”: và a mangiare a casa tua, là fa il profeta, finché vuoi. Qui si dicono cose che piacciono a chi comanda! Chiaro? Via di qui! – E Amos risponde a tono: perde la pazienza come l’ha persa Amasìa, ma, nota, senza rabbia, perché riferisce fatti e parole non sue: io non ero profeta, neanche figlio di profeta, non sono da famiglia di profeti, non lo sono di mestiere. Io ero mandriano, coltivavo piante di sicomoro. Avevo una buona posizione, una competenza, stavo bene. Non sono venuto qui per quattro soldi. “Il signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il bestiame. Il signore mi disse: va, profetizza al mio popolo Israele”. E “se il Signore parla, chi può rifiutare ciò che dice?”. Io sono venuto qui perché mi ha mandato il Signore, e mi ha mandato a dirti che quello che fai non va bene. – Il profeta è un personaggio scomodo. Rompe le ‘scatole’. Disturba i potenti e le strutture consolidate -. Gesù è il vero profeta, dal sud celeste, mandato dal Padre a dire le parole del Padre e a fare le opere di misericordia del Padre, al nord terrestre: “Venne in casa sua e i suoi non l’anno accolto” (Gv 1,6). E
noi?

SALMO RESPONSORIALE. Noi vogliamo cogliere la provocazione del profeta, e con il salmo 84 ripetiamo:“Mostraci, Signore, la tua misericordia”. “Ascolterò che cosa dice Dio”: voglio ascoltare il Signore attraverso la bocca dei suoi profeti. Gesù ha mandato gli apostoli come profeti a preparare…, li ha presi dai loro lavori e li ha mandati…, perché potessero portare «quella parola» di Dio. E noi continuiamo ad essere scelti e mandati dal Signore…: “Tu ci ha scelti, Signore”!
SECONDA LETTURA (Ef 1,3-14). Cominciamo da questa domenica a seguire la Lettera agli Efesini come 2ª lettura. Oggi ci viene proposto il grande testo iniziale, che è un inno di benedizione: celebra il Signore che “«ci ha scelti prima della creazione del mondo». Possiamo applicare anche alle altre letture questa idea: come Amos, anche noi siamo stati chiamati e scelti dal Signore, come Amos. Come Giovanni Battista, si diceva la scorsa 12ª domenica: “Fin dal seno di mia madre”, anche noi scelti, chiamati da Dio. Chiamati e mandati per essere testimoni della sua Parola. Siamo noi i profeti di oggi. Siamo responsabili della missione che ci è data. E nello stesso tempo, riconosciamo e ascoltiamo i profeti di oggi.

“Donaci, o Padre, di non avere nulla di più caro del tuo Figlio, che rivela al mondo il mistero del tuo amore e la vera dignità dell’uomo; colmaci del tuo Spirito, perché lo annunziamo ai fratelli con la fede e con le opere. Per lo stesso Cristo nostro. Signore. Amen”.

RENDIAMO GRAZIE A DIO
per «l’Annuncio evangelico» in vari tempi e modi: P. Elia intercede perché obbediamo al Magistero di Cristo nella Chiesa;
per «la Celebrazione» in persona di Cristo: Don Mario ci guida e c’incoraggia con «umiltà e serietà»;
per «la Carità» di Dio effusa nei nostri cuori; la Sorella Noemi ci procura d’imitarla nel «buon profumo di Cristo».