22/07/2012 – T. ORDINARIO – ANNO B – DOMENICA 16 – ANIMATORI –
DOMENICA 16ª TEMPO ORDINARIO – ANNO B.
“Radunerò io stesso il resto delle mie pecore”.
“Il Signore è il mio Pastore: non manco di nulla”. Traccia.
VANGELO (Mc 6,30-34). Gesù ha chiamato a sé e poi ha mandato in missione i suoi dodici Apostoli. L’abbiamo visto domenica scorsa. Ha cominciato dalla Galilea. Li ha mandati ad annunciare. Ora tornano. Sono rimasti colpiti dal fatto che la gente accoglie il messaggio. Sono entusiasti quando ritornano da Gesù, ma anche molto stanchi. Per questo il Signore li invita a ritirarsi in disparte per riposarsi un po’.
Ma la gente non li vuole lasciare. Accorre. Hanno bisogno. C’è una fame, un desiderio impressionante.
Gesù si commuove vedendo tutta quella gente, che lo cerca perché ha bisogno. Si rende conto che sono come pecore senza pastore: pecore abbandonate, non guidate dal pastore. Perché il pastore non le ha guidate, accompagnate, nutrite: «Gesù si commosse e quindi si mise a insegnare loro molte cose». Gesù compie un’opera di formazione. Quest’ultimo aspetto è sottolineato dalla liturgia con la 1ª lettura.
PRIMA LETTURA (Ger 23,1-6). Questa prima lettura richiama l’ultima parte del vangelo: Gesù che si commuove, Gesù, il Signore che si propone di essere lui stesso «il Pastore». L’aveva detto il profeta Geremia: “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo”. Il profeta Gerermia rimprovera i pastori di non aver fatto bene il loro lavoro e annuncia che il Signore s’impegna:“Radunerò io stesso le mie pecore, le curerò, le guiderò, le nutrirò”.
L’immagine del pastore è una «immagine teologica» importante: il Signore stesso è il pastore, si chiama «Signore nostra giustizia», contro i pastori ingiusti. Pastore è un termine che indica “Re” e tutti quelli che hanno un ruolo di comando. È sinonimo di comandante, guida, responsabile. In Israele erano pastori tutti quelli che avevano autorità; civile, religiosa, militare. Il profeta rimprovera le autorità in nome di Dio: “Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo”. Il Signore manda il suo profeta contro i pastori; a rimproverarli: avreste dovuto pascere il mio popolo, occuparvi del bene delle persone; voi invece le avete trascurate, anzi, le avete disperse, cacciate, non ve ne siete preso cura; io interverrò e rimedierò i danni procurati da voi, pastori nei riguardi delle mie pecore, ciascuna persona: “Radunerò io stesso, il resto delle mie pecore”.
Geremia, come Ezechiele, vive il dramma dell’esilio in Babilonia; previsto da Ger., vissuto da Ez. In quella situazione storica il gregge fu disperso. La colpa era dei re, dei capi, dei sacerdoti; della classe profetica corrotta. Solo qualche voce si leva contro tutta questa corruzione. Geremia, Ezechiele sono voci contro corrente. Sono la voce di Dio. Geremia sente nell’intimo e annuncia che il Signore li perdona: “Radunerò io stesso il resto”, quel che è rimasto del gregge. Dio ispira nel loro intimo: costruirò per loro, per gli israeliti, una possibilità nuova di vita, cioè, costituirò pastori che li fanno pascolare. Cambierò genere di pastori, troverò quelli che fanno gli interessi di Dio nei loro riguardi. La colpa era dei re, dei capi, dei sacerdoti.
Il profeta ascolta il Signore che dice: troverò nuovi re, capi e sacerdoti con una condotta nuova di vita, un comportamento secondo gli interessi di Dio: “Verranno giorni – è una promessa di Dio – in cui susciterò a Davide un Germoglio giusto”. Il vecchio re Davide avrà un germoglio, l’antica pianta produrrà un virgulto nuovo. In quel tempo, di Geremia, non c’è più Re in Gerusalemme, non c’è più regno, non c’è più stato. Il regno del nord, Israele, è caduto da più di cento anni, nel 722 a. C. Ormai comandano i babilonesi. Ma non è l’ultima parola. Il profeta lo sente e dice che il Signore susciterà a Davide un germoglio giusto: «“Ecco, verranno giorni – oracolo del Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia”. lo chiameranno: “Signore-nostra-giustizia”».
Noi riconosciamo che quel «virgulto», «re di giustizia e di pace», è Gesù in Persona. È lui il Pastore. Dio dice per bocca di Geremia: “Io sarò il Pastore”. Poi precisa: ”Susciterò un erede di Davide come Pastore”. Sono vere tutte e due le cose. Il Signore in persona diventa il Pastore. Gesù è l’erede di Davide, Gesù è il Signore in persona.
SALMO RESPONSORIALE. Noi lo riconosciamo e lo acclamiamo nel salmo, ripetendo:“Il Signore è il mio pastore. Non manco di nulla”. È una nota polemica, una protesta contro ogni altra pretesa in noi e intorno a noi: Il Signore, e non altri, è il mio Pastore; il Signore Gesù è il mio Pastore: “Non manco di nulla”, perché il Signore mi fa riposare, mi conduce, anche attraverso l’ombra di morte, nella «valle oscura» della mia tomba il Signore è con me, perché lui mi ha portato con sé, nella sua tomba, che ha lasciato vuota, risorgendo. Il suo bastone mi da sicurezza, con un solo suo tocco. È lui il Pastore. Noi siamo pecore sbandate, affannate, disperse. Lasciamoci toccare, condurre, salvare. Cerchiamo? È segno che lui ci cerca prima che noi lo cerchiamo. E ha compassione di noi. E c’insegna molte cose. C’insegna a vivere, ci dà la possibilità di vivere. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele vivrà tranquillo.
SECONDA LETTURA. Nella lettera agli Efesini, l’Apostolo presenta l’immagine di Gesù Cristo e completa il messaggio:“Egli è la nostra Pace: eliminando in se stesso l’inimicizia, ci presenta al Padre in un solo Spirito”. Gesù Cristo, nostra pace, è la piena realizzazione di tutto questo in noi. È Lui la nostra giustizia; Lui, il nostro Pastore autentico. Il nostro Benessere è lui che permette a noi di «Essere Bene». Ha «unito l’uomo a Do». I due separati, l’uomo separato da Dio, separato per l’Inimicizia, adesso è unito. L’inimicizia è un muro. Attualmente in Palestina un muro separa i due popoli. Un muro a Berlino separava una città. Il muro di separazione divide in se stesso l’uomo «nemico» di Dio: il muro dell’inimicizia. Ma l’inimicizia è stata buttata giù. Dio butta giù i muri. «Dio fa comunione», crea collegamento fra il Padre e noi. Gesù Cristo è la nostra pace. Ha buttato giù in se stesso il muro. Ha unito l’uomo a Dio, «ha creato l’uomo nuovo. Ha riconciliato ciascuno di noi con il Padre. Ha preso su di sé l’inimicizia, ha pagato le conseguenze di quella inimicizia e l’ha tolta. Ed è venuto ad annunciare la pace». Non a parole; ma con i fatti: «Gesù è il nostro riposo, perché è il nostro Pastore». Ci prende sulle spalle e ci porta con sé. C’insegna a vivere, prendendoci su di sé, trasformandoci come il vino con l’acqua nel calice. Abbiamo fatto perire e disperdere il gregge? Ci meritiamo i «guai», cioè, i suoi lamenti mentre dice: “Radunerò io stesso le mie pecore da tutte le regioni dove le ho scacciate e le farò tornare”? Così Gesù ci prende con il nostro male e ci trasforma. Tornando a lui come gli apostoli dall’opera che ci ha mandato a compiere, guarda anzitutto a noi, alla nostra persona senza diaframmi, ci vede stanchi e ci porta con sé a riposare. C’insegna come riposare: guardando noi stessi gli altri con la sua ‘compassione’, e insegnando le «molte cose» meravigliose che insegna a noi.
“Dona ancora, o Padre, alla tua Chiesa, di gustare nella parola e nel pane di vita la presenza del tuo Figlio, perché riconosciamo in lui il vero profeta e pastore, che ci guida alle sorgenti della gioia eterna. Per Cristo.”.