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19/11/2011 – T. ORDINARIO – ANNO A – DOMENICA 34 – ANIMATORI –

INCONTRO ANIMATORI di GRUPPI LITURGICI PARROCCHIALI
Piedimulera (NO) – 19.11.2011 – 34ª Dom. T. O. anno A – Cristo Re –Traccia.

“O Padre, tu hai posto il tuo Figlio, unico re e pastore di tutti gli uomini, per costruire il tuo regno d’amore. (cf colletta).

VANGELO (Mt 25,31-46). «Donando a chi ha bisogno, tu doni a Cristo Re, Pastore e Giudice». Siamo alla fine dell’anno liturgico. La 34ª domenica del tempo ordinario è l’ultima dell’anno. E coincide anche con la solennità del nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo. Si conclude anche la lettura del vangelo secondo Matteo che ci ha accompagnato lungo tutto quest’anno A. Si conclude l’ultima parte del capitolo 25, una aggiunta che Matteo ha fatto al discorso escatologico, con tre parabole. Abbiamo incontrato le domeniche precedenti le parabole delle dieci vergini, e dei talenti. In questa domenica ci è proposto il quadro del giudizio universale: “Quando il Figlio dell’Uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre”. Ricorre altre volte nel vangelo di Matteo il tema della «separazione». Adesso, durante la storia, non è possibile separare la zizzania dal grano buono. Ma al momento del giudizio il Signore separerà. Questa ultima scena presenta il Figlio dell’uomo come Pastore, che separa pecore da capre, perché hanno esigenze diverse per la note. L’immagine fondamentale è quella della separazione, della distinzione in due gruppi.
Benedetti e Maledetti, nel fare e non fare. Un gruppo viene presentato come quello dei «benedetti del Padre», che ricevono «in eredità il regno preparato per» loro «fin dalla fondazione del mondo». L’altro gruppo è quello dei «maledetti» che vanno nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Dove sta la distinzione fra i benedetti e i maledetti? Per quattro volte è ripetuta una cantilena, un elenco secondo il metodo degli antichi che giocavano molto sulla memoria e sulla necessità di ricordare il passato. Il Figlio dell’uomo, il re glorioso si identifica con i suoi fratelli più piccoli. Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare. Siete Benedetti. Ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare. Siete maledetti. Il dramma della maledizione, della dannazione sta nel «non fare». È possibile, ripensando alle tre scene che abbiamo incontrato queste tre domeniche, riscontrarvi qualche riferimento? Le ragazze che aspettano lo Sposo, i servi che amministrano i beni del loro signore, tutti i deboli raccolti dal Figlio dell’uomo: è possibile cogliere in queste scene
L’identificazione fra Gesù, il Messia e “questi miei fratelli più piccoli”, come lui ci chiama. Tre quadri diversi, un unico criterio valutativo: l’accoglienza dell’altro «bisognoso». Nelle giovani che aspettano lo sposo possiamo individuare tutto il popolo dell’antico Israele che attende la venuta del Messia. Nei servi che amministrano il patrimonio del padrone c’è la realtà concreta della chiesa, e dei cristiani che hanno ereditato il deposito del vangelo. In questa scena del giudizio, c’è l’apertura a tutti gli uomini, aldilà dell’appartenenza culturale e religiosa. Criterio di valutazione per tutte le genti raccolte davanti al Figlio dell’Uomo sarà proprio l’accoglienza caritatevole dell’altro «bisognoso». L’elemento importante è
il Messia che s’identifica con i piccoli e i poveri di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Padre, alimenta in noi la certezza di fede che un giorno, annientato ogni nemico, tu sarai tutto in tutti. (cf colle.)
PRIMA LETTURA (Ezechiele 34,11-12.15-17) .

Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna. Possiamo vedere la necessità di andare alla I lettura per sapere cosa richiama del vangelo e cosa vuole suscitare oggi nel nostro cuore la Parola profetica realizzata in Gesù, Figlio dell’Uomo, Pastore e Re «seduto sul trono della sua gloria». La I lettura richiama l’immagine del Pastore nel profeta Ezechiele. Il Signore stesso si presenta come il Pastore d’Israele. Ez. scrive in esilio a Babilonia, 500 anni prima di Gesù, e parla dei pastori come dei re, dei capi d’Israele che hanno rovinato il popolo. Il Signore invece è Pastore autentico che provvede personalmente alle necessità delle pecore: “Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passero in rassegna” (Ez 34,11). Il passo in Ez. è molto più lungo. Qui è riportato una parte del testo, strutturato in modo che si veda chiaramente distinta la situazione sociale, indipendente da ciascuna pecora (vv. 12-15), e la sua situazione individuale (vv.16-17). Le due parti sono separate dalla firma di Dio: “Oracolo del Signore” (v. 15b). Lui avrà cura del suo gregge, lui cercherà le sue pecore, le radunerà, le porterà a casa. Per questo Lui lascia il tempio in Gerusalemme e va verso oriente, dove in esilio è stato portato il suo popolo: in qualunque direzione si trovasse ciascuna pecora (cfr Ez 10,1-22: profezia dell’incarnazione). Da notare: 1. Come inizia solennemente il brano: «Così dice il Signore Dio: “Ecco, io stesso cercherò, passerò in rassegna”; e come alla fine conclude: “Così dice il Signore Dio: ecco, io giudicherò”. Due frasi che includono e separano bene il brano. Attenzione! 2. «Giudicare», quindi, = «cercare», «passare in rassegna», cioè, intervenire, «osservare le orme per terra», vedere a chi appartengono, in che direzione sono andate, per trovare ciascuna pecora. 3. Non c’è distinzione fra buona e cattiva; ma «fra pecora e pecora», «fra montoni e capri», quindi fra situazione e necessità, cui il pastore deve provvedere efficacemente. 4. Tornando al vangelo, vediamo come tutto questo si compie nel Figlio dell’uomo, «Re seduto sul trono della sua gloria» = padrone assoluto di tutto e di tutti, cui nessuno e nulla può resistere: è Pastore che valuta fra pecora e pecora, è il primo «Paraclito» mandato dal Padre a provvedere ciò che manca a ciascuna pecora e capra, perché, fuori metafora, ciascuno «possa apparire santo e immacolato al suo (del Padre) cospetto nella carità» (Ef 1,4; cfr 2Tess 2,13). Solo Lui può farlo! Le sei situazioni di soccorso ai bisognosi, elencate quattro volte dal Re «giudice seduto sul trono, corrispondono alle sei azioni del Pastore in prima persona (“cercherò..”), ripetute due volte, nelle situazioni esterne e individuali della I lettura. Il Giudice è Pastore che ci porta a casa, perché «stiamo con lui, e poi per mandarci» (cfr Mc 3,14) come sue membra visibili a soccorrere in sua persona di Pastore altre sue membra visibili. A chi si lascia fare da lui, come pecora che ascolta e segue il Pastore (Gv 10), Gesù assicura: “In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, «ha» la vita eterna e «non va incontro al giudizio», ma «è passato dalla morte alla vita»” (Gv 5,24); e ancora, a proposito della vite e dei tralci: “Se rimanete in me e «le mie parole rimangono in voi», chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Gv 15,7), perché allora ciò che voi volete è ciò che io voglio: ve lo comunico perché me lo chiediate, e io ve lo possa dare. Grazie, Signore Gesù! Che con il racconto del vangelo ci esorti a farlo per non doverci trovare alla fine inadempienti; ma, fin d’ora eredi del regno del Padre nostro, regno preparato per noi fin dalla creazione del mondo (cfr vang. vv.34s). “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (cfr Rom 8,31,35).

SALMO RESPONSORIALE (22/23).
Il Signore è il mio Pastore: non manco di nulla, perché sono con lui: Anzi, lui stesso suggerisce nel cuore dei suoi fedeli, e mette sulle nostre labbra la parola giusta da dire al Padre come a Lui piace; anzi, la dice Gesù stesso: come lui l’ha detta, ora la ripete in noi sue membra. Che cosa stupenda! Poter parlare a Dio Padre con le parole di Dio, e ottenere ciò che ci vuol dare. Veramente: se il Giudice è per noi come Pastore e Avvocato, chi sarà contro di noi? Con quale sorriso sulle labbra possiamo cantare: “Mi fa riposare. Mi conduce ad acque tranquille. Mi guida per il giusto cammino. Anche in una valle di morte non temo alcun male: perché tu con me!”, il Signore, il Pastore durante la nostra vita. E il Signore è Pastore come Giudice. È Pastore perché ci guida verso il riposo pieno: verso la realizzazione piena, definitiva ed eterna; insegnandoci a vivere: dandoci la possibilità di vivere come a lui piace. Ecco: la profezia della prima lettura diventa preghiera efficace di Gesù stesso in noi al Padre.

LA SECONDA LETTURA (1Cor 1520-26.28). Un testo importante: dedicato alla risurrezione. Paolo dice:
“Cristo, risuscitato dai morti, è la Primizia di coloro che sono morti”; cioè, è il Primo: è la «causa», il Primo Risorto. Egli è colui che permette agli altri di risorgere. La prova è fisiologica: come, partecipando alla natura e alla colpa di Adamo, noi moriamo; così, partecipando della natura e della grazia di Cristo (battesimo) noi abbiamo la possibilità di ricevere la vita.
Cristo risorto vive e regna finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. Sono gli uomini i nemici di Cristo finché non accolgono il condono della sua benevolenza, ogni male è nemico di Cristo, sono le molteplici forme del male che il Cristo, Re universale, deve sottomettere. Al momento, non ha ancora sottomesso tutto. C’è ancora il male. Ha vinto la battaglia fondamentale sulla croce. Ma la guerra non è ancora finita. Il male non può nulla contro il Signore Gesù, ma può ancora danneggiare le sue membra: noi esseri umani. Il Cristo risorto vive e regna; e in questo regno combatte contro il male. Alla fine, quando metterà anche la morte sotto i propri piedi, il regno sarà realizzato: il Cristo Re porterà a compimento pieno e definitivo il progetto di Dio. Si rivelerà come autentico Pastore che salva la sua gente, che la porta con sé nella pienezza di vita.
“Tenete saldo il dono della fede fina alla venuta del Signore!”, è la parola efficace che egli ci fa risuonare personalmente nell’intimo con mille varianti, in mille circostanze, come Creatore e Salvatore, il Cristo nostro Re, Pastore e Giudice. È la sua Parola rassicurante. Chiudendo con questa Parola un anno liturgico, ci prepariamo nel migliore dei modi ad iniziarne un altro, sempre più vicini a quello definitivo, da celebrare in comunione con l’assemblea celeste. La prossima domenica riprenderemo, infatti, ad attendere, con l’olio della certezza, il Sposo, nostro Re, che viene (= Avvento, Venuta).
Buon Anno che finisce e riprende. Ci guiderà l’evangelista Marco. Egli ci presenterà subito la mèta, il fine che ci guida verso la meta, con un altro discorso escatologico. Discorso che suscita in noi la supplica di aiuto al Signore: vieni e aiutaci ad incontrarti; e discorso che stende la mano di Dio verso di noi in aiuto attirandoci.
Concedi anche a noi, al termine di questo pellegrinaggio, di giungere alla dimora eterna, dove tu ci attendi, o Padre, in comunione con la Beata Vergine Maria e tutti i Santi, costruendo “nelle tormentate vicende della storia il tuo regno d’amore”, alimentando “in noi la certezza di fede che un giorno, annientato anche l’ultimo nemico, la morte”, il Signore Gesù “ti consegnerà l’opera della sua redenzione, perché tu sia tutto in tutti. Per lo stesso Cristo nostro Signore. Amen”.

RENDIAMO GRAZIE A DIO
per «l’Annuncio evangelico» in vari tempi e modi: P. Elia intercede perché obbediamo al Magistero di Cristo nella Chiesa;
per «la Celebrazione» in persona di Cristo: Don Mario ci guida e c’incoraggia con «umiltà e serietà»;
per «la Carità» di Dio effusa nei nostri cuori; la Sorella Noemi ci procura d’imitarla nel «buon profumo di Cristo».