16/06/2010 – MERCOLEDI’ UNDICESIMA SETTIMANA TEMPO ORD. – 2010
Preparazione alla celebrazione della messa.
mercoledì 11ª settimana Tempo Ordinario.
Anno C – 2010-06-16
Ci Raccogliamo
davanti al Signore Gesù, che si dona fino alla morte in croce, trasmettendo lo Spirito, e risorge: ci fa suoi «tralci» (Gv 15,5), sue membra (cfr 1Cor 12) con il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia (Nota 1). Rinnoviamo il segno dell’adesione a Cristo, in risposta alla sua richiesta: “Rimanete in me!” (Gv 15,4.7.9), e diciamo insieme: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo. Amen. Dio ci parla con le nostre parole, e ci dice: “Ascolta, Israele: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore; e il prossimo come te stesso”.
Israele lo ripete: celebra la parola di Dio. Dio parla a noi tramite noi stessi come nel celebrare la messa; dico, quindi: “Ascolta, N.”. [N = proprio nome o di altre persone]. Ciascuna/o può aggiungere il nome d’una parrocchia, comunità, diocesi, nazione; per esempio: “Ascolta, Chiesa che sei in parrocchia di N.”, “… in comunità di N.”, “…in famiglia N.”, “…in Roma”, “…Italia”, …in Europa”. e tutti in preghiera ripetiamo l’invito: “Ascolta, …”.
Così «in persona dei citati» ci presentiamo al Padre con Gesù, per Gesù, in Gesù che «sta davanti a Dio» in atto di presentargli ogni comunità, ogni persona, e intercede per noi» (Rom 8,34), lui che di «tutti» prende «tutto» su di sé.
Così in Cristo accogliamo con disponibilità da Dio la nostra esistenza quotidiana, arricchita dei meriti della passione morte risurrezione di Cristo, portiamo nel cuore le persone delle comunità citate, e ripetiamo insieme: Eccomi, Signore! Aiuta tutti, come ora aiuti noi ad ascoltarti.
Dicendo «Eccomi, Signore», ci predisponiamo ad offrire il nostro corpo, come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio, come nostro culto nello Spirito (cfr Rom 12,1), come prolungamento della messa nella vita; e con Paolo possiamo dire: “Sono lieto di dare compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo, che è la Chiesa” (Col 1,24). Aggiungendo poi, «Aiuta tutti, come ora aiuti noi ad ascoltarti», siamo fatti partecipi della Grazia di Dio per tutti gli altri. I Padri della Chiesa consideravano questo come «Perdono che copre la moltitudine dei peccati».
LEGGIAMO
il formulario liturgico della messa corrispondente; da Ingresso a Dopocomunione, secondo le disposizioni della chiesa (nota 2). Cogliamo una parola da contestualizzare (vedi sotto «Rileggiamo»), e da ripetere: “N., …”, appena il Signore si annunzia, = ci viene in mente o appena «ci accorgiamo» di lui (come dice Gesù in Mt 24,39), durante la giornata.
Rileggiamo
i testi, cominciando dal vangelo: dove Gesù si rivela Buona Notizia, parlando della sua e nostra pasqua che celebriamo; dove Gesù si rivela “Compimento” delle promesse della prima lettura; e dove Gesù si rivela “Fondamento” della sua comunità, la chiesa, nella seconda lettura (vedi Principi e Norme per l’uso del Lezionario e del Messale Romano). Rileggiamo quindi vangelo, e I-II lettura in rapporto al vangelo.
Il VANGELO (Mt 6,1-6.16-18).
Struttura del vangelo liturgico.
Il testo evangelico che oggi leggiamo è la parte centrale del discorso della montagna secondo Matteo. Il testo liturgico è introdotto dall’espressione «In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli», che in qualche maniera cerca di riprodurre l’introduzione del discorso di Gesù in Mt 5,2 «Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo». Il testo odierno è scandito in quattro momenti.
C’è l’annuncio iniziale del principio (6,1): “Non praticare le buone opere per «essere ammirati [theathênai = teatrare]», altrimenti non avrete la «ricompensa» [vista calorosa] presso il Padre (Mt 6,1). Seguono tre esemplificazioni: una per l’elemosina (vv. 2-4), rapporto verso gli altri; l’altra per la preghiera (vv. 5-6), rapporto verso Dio; e la terza per il digiuno (vv.16-18), rapporto verso se stessi. Le tre esemplificazioni sono costruite allo stesso modo. Prima viene presentato ciò che fanno gli «ipocriti» (nel greco ellenistico significa “commedianti», vv. 2.5.16, plurale generico senza rapporto, tipico dei «commedianti», occupati della propria immagine: “In verità io vi dico: «essi»” commedianti si sono gratificati). Poi, per antitesi, ciò che deve fare il discepolo di Cristo (vv. 3.6.17, rapporto personale individuale: «tu, invece, non strombazzarlo [mê salpìsês] (il bene non tuo) davanti a te, come fanno i commedianti»). L’esemplificazione si chiude con una specie di ritornello «e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà». Alla vista teatrale impersonale e ricercata, dell’inizio e unica per tutti i commedianti, fa contrasto lo sguardo caloroso e personale di Dio Padre, lui stesso ricompensa per chi lo accoglie. Il ritornello (e il Padre tuo…) si ripete tre volte (vv. 4.7.18), per formare «tre» unità distinte, come dire: ogni momento («tre») con il Padre è tutto e per sempre. Unità precedute, ciascuna dalla stessa immagine dei commedianti, immagine che non ha storia e non può riempire il cuore, checché i commedianti stessi ne dicano. Essi hanno in comune l’“essere ammirati” , da cui guardarsi bene, come dalla cosa peggiore: “State attenti a non farlo «per essere ammirati»” (v. 6,1). Il Padre «vede» e «ricompensa»: lo sguardo caloroso, che è il Padre, è la «ricompensa», la Vita che fa vivere, secondo Romani otto 26s (nota 5).
Tematica Liturgica.
IL PADRE TUO CHE VEDE NEL SEGRETO TI RICOMPENSERA.
Il contenuto del vangelo è Dio «sguardo» e «ricompensa»: «rapporto» come relazione di comunione di ciascuna persona in Cristo Gesù con il Padre suo e nostro.
Dobbiamo chiarire alcune note, una in particolare anche se tecnica, per intuire l’intensità del testo che parla dello sguardo di Dio come ricompensa, richiamato da Paolo (Efesini 3,18s: “Siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”).
Dio, sguardo e ricompensa.
1°. Il testo evangelico liturgico si mostra con la sua fisionomia precedente all’ultima elaborazione finale del vangelo di Matteo. Quest’ultima elaborazione del vangelo, infatti, ha introdotto il testo del «Padre nostro», dopo l’esemplificazione sulla preghiera, testo che manca nel nostro brano liturgico del vangelo odierno. Si potrebbe osservare: cosa servono tante minute osservazioni? Servono moltissimo, perché rilevano l’essenziale del vangelo stesso: l’attività del discepolo di Gesù, che in Cristo vive costantemente la relazione di Gesù con il Padre suo e nostro in ogni istante della sua esistenza cristiana, come un bambino sempre stretto dalle braccia affettuose d’una persona infinitamente amante d’un amore creativo [ agapâô], che Dio stesso rivela a Israele tramite il profeta Osèa. È la storia del popolo e di ogni persona (Os 11,1-11: “Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Ritornerà al paese d’Egitto, Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi. La spada farà strage nelle loro città, sterminerà i loro figli, demolirà le loro fortezze [Ma il Signore perdona, vv. 7-9: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo. Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Admà, ridurti allo stato di Zeboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perchè sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira – e l’amore di Dio fa ritornare Israele dall’esilio, vv.10s – Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall’occidente, accorreranno come uccelli dall’Egitto, come colombe dall’Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del Signore”).
Il principio richiesto da Gesù in questo brano evangelico si può semplificare in questi termini: il discepolo non deve «sembrare», deve «essere». Ne consegue che le opere buone non si fanno per essere veduti, ma perché si crede nella validità dell’opera buona stessa: stare nelle braccia di Dio, come ci supplica Gesù, paragonandoci ai suoi tralci: “Rimanete in me” (Gv 15,4-7: “rimanete in me” ripetuto sette volte = sempre; “rimanete in me «e» io in voi,… «come» io in voi…”).
2°. l tre esempi portati da Gesù rappresentano i tre elementi cardine della spiritualità ebraica di quel tempo: elemosina, preghiera e digiuno, che Gesù realizza nella propria persona e in ciascun suo membro, fatto uscire da lui come un tralcio dalla vite (Gv 15, 1-8: immersione battesimale nello Spirito di Gesù), come membra di uno stesso corpo (1Cor 12: come un corpo è uno solo e ha mote membra, così è Cristo).
Il punto di paragone negativo sono gli «ipocriti» che fanno l’elemosina «per essere lodati dagli uomini», che pregano «per essere visti dagli uomini» e che assumono l’aria malinconica, sfigurandosi la faccia, «per far vedere agli uomini che digiunano». Il discepolo di Cristo è chiamato ad agire in maniera opposta. L’elemosina deve restare «segreta», la preghiera personale va fatta nella propria camera, a porte chiuse, «nel segreto». Il digiuno, infine, va fatto con il volto lavato e la testa profumata perché sia visto «nel segreto» solo dal Padre.
3°. «L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore» (lSam 16,7). Sono le parole che Dio disse a Samuele, quando costui si trovò davanti ai figli di lesse per scegliere e ungere Davide come re. Quel criterio viene adesso riformulato da Gesù. Dio vede il mondo interiore dell’uomo ed è lì il luogo del giudizio divino. Un luogo segreto che solo l’individuo e Dio possono conoscere. Il mondo interiore è il luogo sacro in cui l’uomo e Dio (e nessun altro) si incontrano. Paolo, volendo definire il vero giudeo scrive: “Giudeo non è chi appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua gloria non viene dagli uomini ma da Dio” (Rm 2,28-29). Il vero cristiano compie il cammino d’una crescita secondo Dio, nelle braccia di Dio che è come papà e mamma, per imparare la sapienza dell’ «essere» e non la stoltezza commediante del «sembrare».
4°. Questo vangelo è lo stesso delle Ceneri, e impronta tutto il Ciclo Pasquale dalle Ceneri a Pentecoste. Oggi lo viviamo alla luce della prima lettura, ben riassunta nella frase ufficiale: “Apparve un carro di fuoco ed Elia (figura del cristiano in braccio al fuoco dell’amore del Padre) salì verso il cielo”. È una via di vita: non una strada di tristezza.
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola, dice il Signore, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui” (Versetto al vangelo). Perché scappare dalle braccia del Padre? Piuttosto, “Rendete saldo il vostro cuore, voi tutti che sperate nel Signore” (Salmo Responsoriale), perché eterna è la sua misericordia.
PREGHIEAMO.
Aderendo all’agire dello Spirito, per mezzo di Cristo che è: «1. Ringraziamento; 2. Pane; 3. Offerta; 4. Intercessione; 5. Lode»:
1. «Ringraziamo», raccontando l’Amore del Padre in Cristo verso di noi (prefazio). Grazie, Padre, per il tuo Figlio: innocente, diviene peccato, maledizione, perché noi diventiamo giustizia di Dio.
2. «Siamo nutriti» di Cristo, che, preso il «pane» e rese grazie, si dona vero cibo e bevanda di salvezza (consacrazine, transustanziazione). Ora, Padre, manda lo Spirito, che perfeziona l’opera di Gesù nel mondo, compiendo ogni santificazione. Con Gesù fra noi, affrontiamo e vinciamo il combattimento contro il male.
3. «Diveniamo» luogo riservato a Gesù, che in noi continua a «donare» se stesso (offerta). In noi, Padre, si offre a te Gesù: che opera in noi con amore e costanza, supera vizi e peccati, ci fa partecipi della sua gloria.
4. «Intercediamo» per tutti in Cristo, che «intercede» per noi, e ci fa intercessori con lui per gli altri (intercessione). Tutti, Padre, accogli in Cristo: vivi, defunti, celebranti. Purificati nella nostra vita, nutriti del corpo e sangue di Cristo, contempliamo il tuo volto di giustizia per la tua misericordia.
5. «Glorifichiamo» pienamente il Padre, per Cristo, con Cristo, in Cristo nello Spirito Santo che ci fa santi (lode finale). A te, Padre, ogni onore e gloria: dall’umanità ricreata per l’opera del tuo Spirito di riconciliazione: è il nostro miglioramento spirituale che da’ corpo alla gloria di Dio che pronunziamo a parole.
CONTEMPLIAMO
la storia del piano di Dio.
Nella chiesa il Padre convoca i credenti in Cristo, in cinque tappe (v. LG 2); contempliamo oggi nei suoi cinque momenti, per esempio, La visione di Dio come ricompensa:
nella chiesa prefigurata, sin dall’inizio, nella Creazione: visione – ricompensa, come salario del lavoro umano;
figurata, nella storia d’Israele, antica alleanza: visione – ricompensa, è Dio che si dona all’uomo;
compiuta, in Cristo Gesù, negli ultimi tempi: visione – ricompensa, è Cristo, puro dono del Padre;
manifesta, nella chiesa, per lo Spirito effuso: visione – ricompensa, è Gesù che ci prende su di sé;
completa, alla fine, nella gloria della Trinità. visione – ricompensa, è il Padre nel segreto del cuore.
Preghiamo:
O Padre, che in Cristo ci hai promesso di amare e venire con Gesù nel cuore di chi ama il tuo amore per noi; rendi saldo il nostro cuore, sicuro solo di te. Per Cristo nostro Signore. Amen.
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NOTE
Nota 1.
La Parola di Dio, Proclamata in questa celebrazione, pregata con i testi eucologici, richiamata da una parola che ciascuno si porta nel cuore, «attua ora» sacramentalmente in noi la redenzione, realizzata fin dall’evento pasquale della morte e risurrezione di Gesù il sette – nove Aprile del trenta d.C.
La Parola di Dio «attua ora sacramentalmente in noi la redenzione», perché lo stesso evento pasquale di duemila anni fa, con la sua efficacia, è in atto nella Parola «Proclamata» in quest’Eucaristia; la stessa «opera di Gesù» è quindi in atto in circostanze diverse: «storiche» di quel tempo in Israele, «sacramentali» (gesti e parole) ora nella sua Parola proclamata.
La Parola («Dâbhâr») è in realtà «Fatto e Parola» («Dâbhâr Javè» = «Fatto e Parola di Javè»); lo stesso «Fatto» storico della Pasqua del Signore Gesù (che si dona fino alla morte in croce, effondendo lo Spirito, e risorge per opera dello stesso Spirito Santo), è in atto in questa «Parola» proclamata nell’assemblea liturgica; anzi, era già presente e agente fin nel grembo di Maria, «in previsione» di questa sua pasqua redentrice.
Noi ora, come Maria, diciamo: “Sì”, con il cuore bendisposto nel celebrare. La redenzione, operata nei «misteri» (gesti e parole di Gesù nel rito), trasforma tutta la nostra vita. La Parola proclamata nella liturgia, cioè, lo stesso Gesù pasquale, ispira e attua i vari momenti della celebrazione, e dell’esistenza in chi l’accoglie.
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Nota 2.
“I fedeli partecipino con frequenza alle messe, anche feriali, e, quando ciò non è possibile, siano invitati a leggere almeno i testi delle letture corrispondenti in famiglia o in privato”, vedi Partecipazione e Celebrazione delle Feste Pasquali, Congreg. per il Culto, n.13; del 1988. 01.16.);
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Nota 3.
«I credenti in Cristo, (il Padre) li ha voluti chiamare a formare la santa Chiesa, la quale, già annunciata (“prefigurata”) in figure sino dal principio del mondo, mirabilmente “figurata” nella storia del popolo d’Israele e nell’antica Alleanza [1], stabilita (“compiuta”) infine «negli ultimi tempi», è stata manifestata (“manifesta”) dall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli (“completa”). Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, «dal giusto Abele fino all’ultimo eletto» [2], saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale» (Lumen Gentium 2).
Cinque tappe della formazione della chiesa (da kalèô = chiamo; participio passato = èkklesa: ecclèsia, chiesa = chiamata): prefigurata, figurata, compiuta, manifesta, completa.
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Nota 4.
È la storia del popolo e di ogni persona (Os 11,1-11: “Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. Ma più li chiamavo, più si allontanavano da me; immolavano vittime ai Baal, agli idoli bruciavano incensi. Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Ritornerà al paese d’Egitto, Assur sarà il suo re, perché non hanno voluto convertirsi. La spada farà strage nelle loro città, sterminerà i loro figli, demolirà le loro fortezze [Ma il Signore perdona, vv. 7-9: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto , nessuno sa sollevare lo sguardo. Come potrei abbandonarti, Efraim, come consegnarti ad altri, Israele? Come potrei trattarti al pari di Admà, ridurti allo stato di Zeboìm? Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perchè sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira – e l’amore di Dio fa ritornare Israele dall’esilio, vv.10s – Seguiranno il Signore ed egli ruggirà come un leone: quando ruggirà, accorreranno i suoi figli dall’occidente, accorreranno come uccelli dall’Egitto, come colombe dall’Assiria e li farò abitare nelle loro case. Oracolo del Signore”).
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Nota 5.
Ma, come si ha questa consapevolezza costante che costruisce e sviluppa la propria persona e la trasforma in personalità teandrica = divino umana, aprendone progressivamente tutte le potenzialità interiori come tanti petali da un bocciolo al sole? Stando al vero sole! Unica vera immagine cosmica, il sole, che traduce bene i due verbi greci «vedere sapere» e «ricompensare donarsi» che non sono idee ma immagini di esperienza fisica d’una persona come una mamma, un papà, una persona cara che guarda con un sorriso capace di suscitare sorriso, e stringe fra le braccia il bambino perché non cada, e lo riscalda perché cresca bene armoniosamente nel tempo stabilito. Paolo lo esprime in altre parole, così: “Anche lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e «colui che scruta i cuori (il Padre) sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio” (Rom 8,26s). Ci si raccoglie nella stanza del proprio cuore per ascoltare il Padre che per sua iniziativa mediante lo Spirito ci da di stare alla sua presenza e ci dona si stesso con il Figlio e lo Spirito Santo.
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condividiamo (cfr neretto) la preghiera della Chiesa (cfr colori).