18-10-2009-Ordinario-B-dom29

18/10/2009 – T. ORDINARIO – ANNO B – 29 DOMENICA – 2009

Preparazione alla celebrazione della messa.

29ª DOMENICA TEMPO ORDINARIO.
Anno B – 18 Ottobre 2009

Ci Raccogliamo
davanti al Signore Gesù, che si dona, muore, risorge, trasmette lo Spirito: ci fa suoi tralci con il Battesimo, la Cresima, l’Eucaristia. Rinnoviamo la nostra adesione a lui con il segno della croce.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo. Amen. Gesù dice: “Ascolta, Israele: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore; e il prossimo come te stesso”.
Dio parla a noi tramite noi stessi come nel celebrare la messa. Dico, quindi: “Ascolta, N.” [nome proprio, e d’altre persone]. Ciascuna/o poi può dire: “Ascolta, Chiesa che sei [in Padova]”, [“… in famiglia N,”, “… in parrocchia N.”, “… in comunità N.”]; e tutti lo ripetiamo. «In persona» dei citati, ci presentiamo al Padre, come membra di Gesù che «sta alla destra di Dio e intercede per tutti» (Rom 8,34), in atto di presentargli ciascuna persona: tutta l’umanità, in se stesso.
Con Paolo possiamo dire: “Sono lieto di dare compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo, che è la Chiesa” (Col 1,24).
Con disponibilità, quindi, accogliamo la nostra esistenza quotidiana in Cristo, ripetendo insieme:
“Eccomi, Signore! Aiuta tutti, come ora aiuti noi ad ascoltarti”. Offriamo il nostro corpo come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio: come nostro culto nello Spirito (cfr Rom 12,1); come prolungamento della messa nella vita.

Leggiamo
il formulario liturgico della messa corrispondente, da Ingresso a Dopocomunione, secondo le disposizioni della chiesa (nota 2). Cogliamo una parola da contestualizzare (vedi: «Rileggiamo») e da ripetere: “N.,…”, appena il Signore si annunzia (= ci viene in mente) durante la giornata.

Rileggiamo
i testi, cominciando dal vangelo, dove Gesù si rivela Buona Notizia, parlando della sua e nostra pasqua che celebriamo; dove Gesù si rivela “Compimento” delle promesse della prima lettura; e si rivela “Fondamento” della sua comunità, la chiesa, nella seconda lettura (vedi Principi e Norme per l’uso del Lezionario e del Messale Romano). Rileggiamo vangelo e I-II lettura in rapporto al vangelo, adorando in ascolto, pregando, contemplando Gesù Risorto, presente fra noi.

Il VANGELO (Mc 10,35-45).
Struttura del vangelo liturgico.
Testo biblico e testo biblico-liturgico sono identici, fatto salvo il solito incipit liturgico («In quel tempo») e la soppressione della congiunzione iniziale «e» (greco kài) del testo originale di Marco. In questo modo il testo liturgico che risulta è isolato, senza legami con il «contesto precedente» di Marco. Là, nel contesto biblico, il nostro brano andrebbe letto su due livelli interpretativi: incomprensione dei discepoli nei confronti del mistero pasquale del Maestro, ulteriore insegnamento del Maestro sull’identità del discepolo cristiano che intende seguire il Messia sofferente e glorioso.
Qui, invece, il testo biblico-liturgico ha una lettura molto semplificata: il discepolo accoglie ogni sentimento di «potere» che nasce in lui, e lo indirizza verso il «servizio», su imitazione del Maestro. Il brano liturgico quindi può essere diviso in due parti: Mc 10,35-41 (sentimento di potere che nasce nei due fratelli Giacomo e Giovanni, e poi negli altri dieci discepoli); Mc 10,42-45 (sentimento di potere indirizzato verso il servizio a imitazione-condivisione del Maestro Gesù).
Scegliendo la forma breve del brano evangelico-liturgico, si evidenzia la seconda parte, cioè, come ogni sentimento di potere deve essere indirizzato verso il servizio a imitazione-condivisione di Gesù; richiamato, del resto, nella prima e seconda lettura, come pure in diversi passi eucologici.

La prima lettura (Is 53,2-3.10-11) richiama, del testo evangelico, come profezia, il Servo di Dio che offre se stesso, dicendo: “Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza” (Is 53,10); profezia pienamente compiuta nel Gesù del vangelo che dice: «Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45): II parte del br.-liturg.

La seconda lettura (Eb 4,14-16) mostra a sua volta come si è compiuta in Cristo l’offerta del Servo di Iavè: abbiamo un «sommo sacerdote», Gesù, Figlio di Dio, che sa «prendere parte alle nostre debolezze», essendo stato «messo alla prova egli stesso in ogni cosa come noi» (Ebr 4,15) 2ª parte del vangelo Liturgico.

Tematica liturgica.
«Potere di Offerta di se stessi al Servizio degli altri». Il tema del «servizio» potrebbe comportare diverse distorsioni ideologiche. Come comprendere il servizio all’interno del cristianesimo? La proposta interpretativa di Gesù è inequivocabile: il servizio va donato imitando il Signore Gesù che «non è venuto per essere servito, ma per servire (diakonèsai) e dare la propria vita in riscatto per molti». Ciò implica l’«imitazione» di Cristo, e la «condivisione» con Cristo: di tutto ciò che ha vissuto.
Inoltre, il servizio va rivolto sia ai cristiani («vostro servitore») sia a tutti («servo di tutti»).
Nel primo caso, verso i cristiani, il servizio (diakonìa) tende ad essere più un’attenzione umile alle necessità degli altri (At 6,1-3: «Mentre aumentava il numero dei discepoli, sorse un malcontento fra gli ellenisti verso gli Ebrei, perché venivano trascurate le loro vedove nella distribuzione quotidiana. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: “Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio [diakonìa] delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi, sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico»).
Nel secondo caso, il servizio (douleia) tende ad essere più un atto di culto perché si tratta della testimonianza-annuncio della Parola (Atti 6,4-5: «“Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero [doulèia] o servizio [diakonìa] della parola”. Piacque questa proposta a tutto il gruppo»).

I testi eucologici guidano la celebrazione: Adoriamo in Ascolto, Preghiamo, Contempliamo.

Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore.
Il Figlio dell’uomo, infatti, è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti.

Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.

ADORIAMO in ASCOLTO.
1. Ti adoriamo, Signore Gesù: tu sai cogliere, indirizzare e realizzare in noi le tue capacità.
«La domanda dei figli di Zebedeo e lo sdegno dei Dieci». manifestano una sete nascosta di primeggiare. Non si tratta di un desiderio banale. Il testo biblico originale indica che in essi c’è il desiderio di essere alla destra e alla sinistra di Gesù nel giorno in cui il Maestro si manifesterà come giudice degli uomini. La risposta di Gesù non giudica il sentimento, ma lo accoglie come una forza, un’energia da indirizzare. Questo presupposto spiega l’atteggiamento di Gesù. Egli accoglie, non rimprovera moralisticamente, ma aiuta i suoi discepoli a orientare in forma positiva la forza che essi si trovano dentro. È importante manifestare al Signore il nostri desideri con disponibilità a lasciarci guidare da lui. Gesù si rivelerà con Parole e gesti. Scopriremo il Signore Gesù operante in noi, come Capo nelle sue membra, Vite nei suoi tralci che rimangono in lei.

2. Ti adoriamo, Signore Gesù: tu ci educhi al tuo amore di Servo sofferente e glorioso in noi.
«Bere il calice». nel mondo biblico significava essere «soggetti a un destino doloroso» (Ger 51,7: “Babilonia era una coppa d’oro in mano del Signore, con la quale egli inebriava tutta la terra; del suo vino hanno bevuto i popoli, perciò sono divenuti pazzi. All’improvviso Babilonia è caduta, è stata infranta; alzate lamenti su di essa; prendete balsamo per il suo dolore, forse potrà essere guarita”); significava addirittura essere «destinati al martirio» (letteratura intertestamentaria), essere considerati «empi» (Sal 75/6,9: “Nella mano del Signore è un calice ricolmo di vino drogato. Egli ne versa: fino alla feccia ne dovranno sorbire, ne berranno tutti gli empi della terra”). Applicando a sé tale espressione, Gesù sembra voler alludere alla sua passione dolorosa e al valore sostitutivo che essa assume (sostituisce gli empi nel castigo).
«Essere battezzati» è un’espressione che prende senso dal significato e dall’uso del verbo «battezzare». Esso indica la totale immersione in qualche cosa. L’uso in ambito metaforico indica la situazione di affanno estremo e di morte. La risposta dei due discepoli («lo possiamo») rivela solo la loro genuina «disponibilità» a condividere la sorte del Maestro, imitabile per i suoi gesti, e le sue «parole di vita eterna» (Gv 6,68). In realtà, essi non sanno ancora che cosa voglia significare «essere battezzati». Gesù invece sa bene qual è la sorte che spetta ai suoi discepoli (“il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati); anzi, è la sorte che riguarda tutti si suoi fedeli (Lc 9,23: «Poi, a tutti, diceva: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua”»). Con magistrale pedagogia Gesù li educherà nella crescita alla partecipazione della sua Vita. Un sentimento particolare suscita in noi la Parola di Gesù: avere la disponibilità dei suoi discepoli. Avvertiamo l’impossibilità in noi a realizzarla. Preghiamo il Signore: accresci in noi il dono della tua disponibilità, Signore!.

3. Ti adoriamo, Signore Gesù: che ci chiami a compiere il tuo servizio sacerdotale.
«Fra voi però non è così». Il servizio nella Chiesa non può obbedire a nessuna moda culturale. Gesù stesso in modo semplice e chiaro esclude qualunque impostazione ideologica, dicendo: «Fra voi però non è così». I modelli del servizio vengono offerti da due elementi, due vocaboli con cui il maestro illustra il servizio che deve fare il suo discepolo: «servitore» e «servo» («chi vuoI essere grande tra voi, si farà «vostro servitore»; e chi vuol essere il primo tra voi, sarà il «servo di tutti»”): è la figura del Maestro stesso.
I due vocaboli indicano in modo particolare, anche se non esclusivo, il servizio diaconale, «servitore» ai membri della comunità, e il servizio della Parola «servo» di tutti. La figura del Maestro, invece, si pone sulla linea del modo. Il discepolo attua ogni servizio con l’estrema generosità che gli è possibile. In alcuni casi tale generosità può portare al martirio: è sempre Cristo che vive in noi; da noi stessi non possiamo fare nulla, in lui tutto è possibile.

4. Ti adoriamo, Signore Gesù: tu ci educhi al tuo amore di Servo sofferente e glorioso in noi.
«Il Figlio dell’uomo è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti». Il destino del Figlio dell’uomo è quello di «servire e non di essere servito» (v. 45). Contro la concezione dei figli di Zebedeo ancorata a un messianismo di potere, Gesù oppone la proposta di un messianismo di immolazione e di donazione. Questo è il «calice», cioè la sorte, che Gesù offre a coloro che vogliono seguirlo. Paradossalmente ai due discepoli, immaturi e «figli del tuono» (Lc 9,52-55: i samaritani «non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?”. Ma Gesù si voltò e li rimproverò»). Gesù offrirà lo stesso «calice» e lo stesso «battesimo» di sangue: anziché assicurare ad essi posti d’onore nel regno messianico politico, li rimetterà a un destino di sacrificio e di donazione nei confronti dei fratelli .

5. Ti adoriamo, Signore Gesù: ci fai attraversare i cieli, partecipi del tuo servizio sacerdotale.
«Accostiamoci con fiducia al trono della grazia: al servizio sacerdotale di Gesù». Attraverso un simbolismo spaziale, l’autore della grande omelia cristiana, qual è la lettera agli Ebrei, vuole rappresentare il mistero profondo della Pasqua del Cristo, radice della liberazione e della salvezza. Cristo «ha attraversato» la nostra umanità, facendosi «prossimo» di ogni uomo, condividendone la stessa realtà; ma «ha attraversato» anche i cieli, cioè la sfera di Dio, a cui apparteneva per natura; e proprio per questi due «passaggi» egli può salvarci. Egli, infatti, per ricuperarci a Dio, si è fatto vicino a noi con l’incarnazione; e può ben salvarci, perché è lontano da noi, come Figlio di Dio. La funzione mediatrice è per eccellenza sacerdotale. Così egli diviene il nostro unico perfetto sacerdote. A lui l’umanità peccatrice si rivolge con la certezza di ritrovare non un «trono», un sovrano dominatore, ma un «trono di grazia», il Signore come Salvatore, nostro fratello, che ci ammette alla presenza del Padre, capaci di compiere anche noi il «suo servizio sacerdotale», di Cristo stesso.

PREGHIAMO.
Aderendo all’agire dello Spirito, per mezzo di Cristo che è: «1. Ringraziamento; 2. Pane; 3. Offerta; 4. Intercessione; 5. Lode»:
1. «Ti Ringraziamo», raccontando il tuo Amore, o Padre, in Cristo verso di noi (prefazio). Grazie, Padre, per il tuo Figlio: Gesù presente come servo e autore di riconciliazione con te. L’hai donato a noi, segno del tuo immenso e gratuito amore. A te egli perennemente si offre, e come nostro avvocato intercede per noi; sacrificato sulla croce, più non muore, ma, con i segni della passione, vive immortale. L’assemblea risponde all’invito del celebrante presidente (“Rendiamo grazie al Signore nostro Dio”) proclamando: “È cosa buona e giusta!”, con forte lode al Signore, che tutto crea e sostiene nell’amore (Sl 32/33,5: “Dell’amore del Signore è piena la terra!”). La sua è una parola efficace per la presenza dello spirito. Innalziamo la nostra «ovazione» a te, Signore, che governi tutte le cose con amore, ordine e misura.
2. «Siamo nutriti» di Cristo, che, preso il «pane» e rese grazie, si dona vero cibo e bevanda di salvezza (consacrazine, transustanziazione). Ora, Padre, manda lo Spirito, che perfeziona l’opera di Gesù nel mondo, compiendo ogni santificazione. Possiamo condividere sino in fondo il calice della tua volontà, perché “Ecco, il tuo occhio, Signore, è su chi ti teme, su chi spera nel tuo amore, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame” (Sal 32/33,18s). Innalziamo un «canto nuovo» per rispondere alle tue meraviglie di trasformazioni, sempre nuove, o Dio.
3. «Diveniamo» luogo riservato a Gesù, che in noi continua a «donare» se stesso (offerta). In noi, Padre, si offre a te Gesù: ci fa trovare grazia davanti a te. Debolezza comunitaria, superiorità dei nemici, non sono l’ultima parola. Gli amici del Signore non fanno affidamento su una superiore potenza militare, simboleggiata nel cavallo: noi facciamo affidamento sul tuo amore infinito, o Padre; la vera salvezza viene da te. Tutti nell’assemblea ne siamo convinti e rispondiamo: solo nel Signore vi è salvezza; e siamo nella gioia, perché confidiamo in te, siamo luogo riservato a te. La tua Bontà incondizionata suscita in noi pieno affidamento a te: dono e risposta sono le relazioni della nuova alleanza.
4. «Intercediamo» per tutti in Cristo, che «intercede» per noi, e ci fa intercessori con lui per gli altri (intercessione). Tutti, Padre, accogli in Cristo: vivi, defunti, celebranti. A lui, nostro unico e perfetto sacerdote, l’umanità peccatrice si rivolge con la certezza di ritrovare non un «trono» di sovrano dominatore, ma un «trono di grazia». Gesù Salvatore, nostro fratello, ci ammette alla tua presenza, o Padre; e tu ci rimetti a lui, capaci di accoglierlo perché Egli continui in noi il «suo servizio sacerdotale»: di Cristo stesso, verso tutti.
5. «Glorifichiamo» pienamente il Padre, per Cristo, con Cristo, in Cristo nello Spirito Santo che ci fa santi (lode finale). A te, Padre, ogni onore e gloria: da tutta l’umanità, partecipe della morte e risurrezione del tuo Figlio. Il Presidente della celebrazione ha invitato l’assemblea alla lode fin dall’inizio, e ha proseguito, dicendo: “È veramente cosa buona e giusta lodarti e ringraziarti sempre, Dio onnipotente ed eterno”. Ora, concludendo la Preghiera Eucaristica, il popolo, « noi», facciamo una professione di fede e una preghiera tanto breve quanto intensa, acclamando: “Amen!”; un canto nuovo accompagnato da strumenti e vocalizzazioni; un’ovazione di tutta l’assemblea, per le tue parole e le tue opere, Signore Dio dell’universo: (Sal 32/33,4: “Retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera”).

O Padre, che in Gesù Cristo, venuto per servire e dare la vita per noi, salvi la moltitudine degli uomini; donaci la tua grazia: in te speriamo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

CONTEMPLIAMO.
la storia del piano di Dio.
Nella chiesa il Padre convoca i credenti in Cristo, in cinque tappe (Lumen Gentium, 2; vedi: nota 3). Contempliamo oggi nei suoi cinque momenti, per esempio, Il Servizio:
prefigurata, sin dall’inizio, nella Creazione: servizio, d’aiuto reciproco fra persone umane (nota 4);
figurata, nella storia d’Israele, antica alleanza: servizio, del Servo di Dio che s’addossa l’iniquità, rende tutti giusti;
compiuta, in Cristo Gesù, negli ultimi tempi: servizio, di Cristo che conduce i discepoli al trono della grazia;
manifesta, nella chiesa, per lo Spirito effuso: servizio, dei fedeli: servi della Mensa e della Parola;
completa, alla fine, nella gloria della Trinità. servizio, del Figlio dell’uomo che pone a sedere e serve i suoi presso il Padre.

======
NOTE
Nota 1.
La Parola di Dio, Proclamata in questa celebrazione, richiamata dall’antifona alla Comunione (cf T. Ordinario – Anno B – 29ª Domenica – 19/10/2003), e approfondita anche da altri testi eucologici, «attua ora» sacramentalmente in noi la redenzione, realizzata fin dall’evento pasquale della morte e risurrezione di Gesù il sette – nove Aprile del trenta d.C.
La Parola di Dio «attua ora sacramentalmente in noi la redenzione», perché lo stesso evento pasquale di duemila anni fa, con la sua efficacia, è in atto nella Parola «Proclamata» in quest’Eucaristia; la stessa «opera di Gesù» è in atto quindi in circostanze diverse: «storiche» di quel tempo in Israele, «sacramentali» (gesti e parole) ora nella sua Parola proclamata.
La Parola («Dâbhâr») è «Fatto e Parola» («Dâbhâr Javè» = «Fatto e Parola di Javè»); lo stesso «Fatto» storico della Pasqua di Gesù (che soffre, muore, trasmette lo Spirito, risorge) per opera dello Spirito Santo è presente in questa «Parola» proclamata nell’assemblea liturgica; anzi, «in previsione» della sua pasqua redentrice era già presente fin nel grembo di Maria.
Noi ora, come Maria, diciamo: “Sì”, con il cuore bendisposto nel celebrare. La redenzione, operata nei «misteri» (gesti e parole di Gesù nel rito), trasforma tutta la nostra vita. La Parola proclamata nella liturgia, cioè, lo stesso Gesù pasquale, ispira e attua i vari momenti della celebrazione e dell’esistenza in chi l’accoglie.
=======
Nota 2.
“I fedeli partecipino con frequenza alle messe, anche feriali, e, quando ciò non è possibile, siano invitati a leggere almeno i testi delle letture corrispondenti in famiglia o in privato”, vediPartecipazione e Celebrazione delle Feste Pasquali, Congreg. per il Culto, n.13; del 16.01.1988);
=======
Nota 3.
«I credenti in Cristo, (il Padre) li ha voluti chiamare a formare la santa Chiesa, la quale, già annunciata (“prefigurata”) in figure sino dal principio del mondo, mirabilmente “figurata” nella storia del popolo d’Israele e nell’antica Alleanza [1], stabilita (“compiuta”) infine «negli ultimi tempi», è stata manifestata (“manifesta”) dall’effusione dello Spirito e avrà glorioso compimento alla fine dei secoli (“completa”). Allora, infatti, come si legge nei santi Padri, tutti i giusti, a partire da Adamo, «dal giusto Abele fino all’ultimo eletto» [2], saranno riuniti presso il Padre nella Chiesa universale» (Lumen Gentium 2).
Cinque tappe della formazione della chiesa (da kalèô = chiamo; participio passato = èkklesa: ecclèsia, chiesa = chiamata): prefigurata, figurata, compiuta, manifesta, completa.
=======
Nota 4.
Verità della storia in rapporto al suo «Fattore».
Le cose vengono all’esistenza per la sua parola, ma prima esistevano nel pensiero di Dio (sal 32/33,11: “Il piano del Signore sussiste per sempre, i progetti del suo cuore per tutte le generazioni”), che con il suo sguardo amoroso le raggiunge in continuità: “Ecco, l’occhio del Signore è su quanti lo temono, su quanti sperano nel suo amore”. Dal suo trono in cielo il suo occhio si concentra progressivamente sui singoli fedeli e sul re, che “non si salva per il suo grande valore, né il guerriero è preservato dalla sua grande forza” (v. 16); allora s’incontrano il cuore di Dio e quello dell’uomo (v. 21: “Sì, in lui si rallegra il nostro cuore, noi confidiamo nel suo santo nome”).
=======

condividiamo (cfr neretto) la preghiera della Chiesa (cfr colori).